MILANO – “Ora che il dramma afghano sembra essersi compiuto, con la partenza da Kabul degli ultimi voli americani, sono molte le analisi sugli errori delle ultime amministrazioni americane, ma soprattutto sul futuro del ruolo degli Stati Uniti nel mondo. Io credo che anche noi come europei proprio alla luce di questi fatti dovremmo fare una nostra riflessione approfondita, proprio nello spirito del recente appello del capo dello Stato, che condivido in toto – sia sul futuro della nostra politica verso l’Afghanistan e l’intero Medio Oriente -, sia sulla capacita dell’Europa di essere protagonista della politica mondiale”. Così il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi in un intervento sul Corriere della Sera.
“Ho già detto spesso come la penso sulle comuni radici storiche e religiose dei nostri popoli e di come il lento ma inesorabile processo verso l’integrazione abbia certamente assicurato a questo nostro continente decenni di stabilità. Tuttavia questa stabilità non basta. È come se – dopo aver fatto un grande sforzo per raggiungere pur importantissimi traguardi sotto il profilo politico, economico, finanziario e sociale – l’Europa si fosse ‘accontentata’ dei risultati raggiunti. Ma non può e non deve essere così. La crisi afghana è solo l’ultima, in ordine di tempo, fra le situazioni internazionali che ci richiamano alle nostre responsabilità.
Quante volte, negli anni, di fronte a un problema mondiale abbiamo detto (Kissinger fu tra i primi) che l’Europa deve parlare con una sola voce (‘non so quale numero di telefono comporre se devo parlare con l’Europa’, mi disse una volta il mio amico George Bush, citando proprio una battuta dell’ex segretario di Stato). Quante volte abbiamo detto e pensato che potevamo e dovevamo fare di più ma ci siamo ritrovati in una condizione di sostanziale, rassegnata impotenza”, aggiunge Berlusconi, “questo è accaduto per diverse ragioni, ma la prima e più importante è che abbiamo appaltato forse con un po’ di superficialità – e, diciamolo pure, di convenienza – la nostra totale difesa al grande alleato americano, che con il suo ampio ombrello ci ha protetto, difeso e tranquillizzato.
Non immagino naturalmente che gli Stati Uniti abbandoneranno l’Europa al suo destino nel futuro prevedibile: forse però agiranno in modo diverso, meno garantito e magari un po’ più distaccato. In una parola: le priorità geopolitiche mondiali si evolvono. Gli Stati Uniti sono costretti a riorientare la loro politica estera, oggi più diretta a fronteggiare il pericolo egemonico ed espansionista cinese. L’Europa e gli europei devono quindi da un lato rendersi conto appieno di questo fenomeno e dall’altro assumere decisioni conseguenti”.
(LaPresse)