ROMA – Il fatto che un detenuto sia entrato in possesso di una pistola all’interno di un carcere è un fatto “di una gravità inaudita”. Lo sottolinea Leo Beneduci, segretario del sindacato Osapp, l’Associazione Sindacale per la tutela dei diritti della Polizia Penitenziaria, intervistato da LaPresse all’indomani del caso del recluso che ha esploso sei colpi d’arma da fuoco, fortunatamente senza colpire nessuno, per poi riconsegnare l’arma alla guardia. Una tragedia sfiorata che però, denuncia Beneduci, “non fa che confermare che l’emergenza dell’amministrazione penitenziaria ormai è all’ordine del giorno”.
Il carcere di Frosinone, infatti, non è nuovo ad “episodi critici”. Anche in passato è stato teatro di “diverse aggressioni e numerose tensioni, che gravano sulle spalle della Polizia penitenziaria penalizzata, tra l’altro, da una forte mancanza di personale”. Un paio di mesi fa, ricorda il segretario Osapp, “un incendio appiccato da un detenuto ha causato l’intossicazione e la morte di un altro carcerato, eppure non è stato fatto nulla da parte degli enti preposti”.
Intanto, il capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, ha ricevuto la sollecitazione da parte della ministra della Giustizia Marta Cartabia ad effettuare un sopralluogo. Ma per Beneduci il capo del Dap era “tenuto a presentarsi nel carcere nell’immediatezza di quanto accaduto e non solo dopo la sollecitazione da parte della Guardasigilli”. Questo, denuncia il sindacalista, “dimostra l’improvvisazione del ministero della Giustizia. Senza contare che il capo del Dap, a quanto ci risulta, ancora non si è visto”.
“Le criticità del carcere di Frosinone sono quelle di molte realtà penitenziarie”. Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio, intervistato da LaPresse, smorza i toni. Criticità che non devono diventare “un pretesto per mettere genericamente sotto processo l’istituto, l’amministrazione penitenziaria o la solita sorveglianza dinamica, sempre oggetto di polemiche più o meno pretestuose”, prosegue Anastasia. “La mancanza di organico è un dato di fatto. Ma – puntualizza il garante – è una situazione comune a tutto il sistema penitenziario che non deve diventare un alibi per le cose che non funzionano. Aspettiamo l’esito delle indagini penali e amministrative in corso e vediamo quali saranno le indicazioni dell’Amministrazione penitenziaria per prevenire episodi di questa gravità”.
Il punto fondamentale, dunque, è capire come sia stato possibile introdurre una pistola nel carcere. Si fa largo l’ipotesi dell’utilizzo di un drone, come denuncia Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria: “Il via vai di droni è frequentissimo in molti istituti penitenziari, ivi compreso quello di Frosinone, e nulla può contro di esso la Polizia penitenziaria, la quale non dotata di alcun dispositivo per individuarli e inibirne le frequenze su cui ne avviene il pilotaggio da remoto”. Ma lo “sbando totale delle carceri”, prosegue De Fazio, “non è dovuto solo al sottodimensionamento degli organici della Polizia penitenziaria, 17mila le unità mancanti, e all’inconsistenza degli equipaggiamenti, va ricercato anche nella disorganizzazione complessiva e in un modello custodiale inefficace, di cui si annuncia il cambiamento da molti anni, ma rimane sempre tale”.
Di Giusi Brega