CASAL DI PRINCIPE – Quelli che hanno premuto il grilletto e contribuito all’organizzazione dell’omicidio di Giovanni parente, grazzanisano e titolare di un’agenzia di onoranze funebri, sono stati già condannati con sentenza irrevocabile. Chi, invece, per la Dda di Napoli, ordinò il raid di morte, andato in scena nel settembre 1996, a S. Maria La Fossa, è ancora a processo: si tratta dei cugini Francesco Schiavone Sandokan e Francesco Schiavone Cicciriello.
In primo grado erano stati entrambi assolti. Contro quel verdetto di non colpevolezza la Procura ha presentato appello ed ora è in corso l’iter di secondo grado. Dinanzi alla Corte partenopea l’istruttoria dibattimentale è stata riaperta. Cicciariello, assistito dall’avvocato Pasquale Diana, nel corso dell’ultima udienza ha confessato. Ha ammesso di aver commissionato quel delitto. A spingere il gotha del clan dei Casalesi ad eliminare Parente sarebbe stata la sua scelta di occuparsi di un funerale non lasciandolo alla ditta concorrente di proprietà di Lucia Setola, suocera di Antonio Papa, all’epoca vicino al clan Mezzero. Lo scontro ‘commerciale’ sfociò anche in un raid nel cimitero mazzonaro che scombussolò non poco la comunità mazzonara.
Se per la Dda nell’omicidio c’entra anche Sandokan, assistito dall’avvocato Mauro Valentino, è per una lettera da lui scritta con la quale rimarcò i problemi che stavano emergendo nel Basso Volturno, area controllata dal cugino Cicciariello, proprio relativi al settore delle agenzie funebri. Per gli inquirenti quella missiva era uno esplicito segnale ai suoi sottoposti affinché si impegnassero a risolvere il caso individuando ed eliminando chi aveva determinato il cortocircuito nel comparto. Il processo di secondo grado riprenderà a gennaio per interrogare i collaboratori di giustizia Raffaele Caianiello e Luigi Diana.
Antonio Papa non è a processo. Dopo diversi anni trascorsi in provincia di Grossetto, è tornato a vivere a Grazzanise da uomo libero. Ad aprile, però, affronterà il processo in Cassazione con l’accusa di concorso anomalo in omicidio. Il 13 aprile 2018, a Follonica, al culmine di una lite per una perdita d’acqua con la famiglia De Simone, il figlio Raffaele fece fuoco con una semiautomatica Tanfoglio uccidendo in strada Salvatore De Simone e procurando ferite gravissime al fratello Massimiliano, titolari di un hotel confinante con il negozio dei Papa, ed una farmacista, Paola Martinozzi, che stava passando per caso vicino al luogo del raid di piombo. Antonio Papa, ex vicesindaco, è accusato d aver procurato la pistola al figlio usata per uccidere. Per tale condotta ha incassato in secondo grado 20 anni. Raffaele ha incassato l’ergastolo.