ROMA– Cartoline speciali, messaggi colorati arrivati anche da mondi lontani, murales e graffiti da immortalare sulle indelebili pareti del ricordo. Paolo Rossi ad un anno dalla scomparsa non smette di vivere nei cuori di chi lo ha amato, dentro e fuori dal campo. Il sentimento popolare per ‘Pablito’, l’eroe Mundial, è sempre forte e più acceso che mai. Lo dimostrano le tante iniziative che in questi mesi si sono succedute per rendergli omaggio: statue, mezzibusto, targhe, anche un premio Fair play alla memoria. Tutti attestati di stima, sinceri e profondi, per celebrare un uomo più che un calciatore. Perchè oltre a regalare una Coppa del Mondo con le sue reti è e resta il simbolo di un’Italia tenace, capace di rialzarsi da uno dei suoi periodi difficili ancora una volta grazie al calcio e ad un Mondiale, quello del 1982, vinto sotto il segno di un attaccante pieno di gioia, sorriso e ottimismo. Proprio quelli che i suoi compagni di squadra, i calciatori di quel Mundial, più di ogni altra cosa sentono la mancanza.
“Lo sentivo e lo vedevo ogni tanto e mi faceva un gran piacere passare del tempo con lui. Mi manca lo stare insieme. Mi manca l’amico, non il calciatore. Quel suo sorriso di conseguenza ti dava un attimo di gioia”, ha confessato a LaPresse Marco Tardelli, uno degli artefici di quella spedizione trionfale. La sintesi di quel sentimento profondo che dal giorno del suo addio (quel 9 dicembre 2020 a Siena, in piena pandemia, quando cedette ad un male incurabile) assale i giocatori della nazionale azzurra di allora, è custodita nelle parole secche ma intense di Giancarlo Antognoni. “Ci manca molto il suo modo di agire e di fare. Per noi è come se ci fosse sempre. Me lo aspettavo questo mare di affetto, se lo merita tutto. Per come si è comportato e per come era da ragazzo. Un affetto internazionale, che ha superato anche l’Europa”, ha dichiarato l’ex centrocampista viola. Se Prato, la sua città natale, gli ha dedicato una scultura proprio nel suo quartiere, a Santa Lucia, in piazzale della Cipresseta, Vicenza, dove Rossi con la maglia del Lanerossi si è costruito la sua carriera da sogno, è in piena fibrillazione per omaggiarlo. Non vedono l’ora di celebrarlo con una statua da collocare davanti allo stadio ‘Menti’ dove domenica prossima verranno distribuiti 20 mila cartoline con l’effigie del campione da regalare agli spettatori prima della sfida contro il Como.
Nulla a Vicenza sarà fatto per caso. E anche la posizione della statua avverrà a Largo Paolo Rossi, numero 9, ovviamente. “Paolo era uno di noi, faceva parte della comunità vicentina. La città è tappezzata con la sua immagine, ci sono murales che spuntano ogni giorno. La cittadinanza è impaziente. Non mi immaginavo questa partecipazione e questo mare di affetto così grande, si è andato oltre le attese che erano legittime. Mi manca la sua gentilezza e disponibilità, il suo essere sempre sorridente. Questo suo tratto manca a tutti quanti.
Sarebbe meraviglioso intitolargli lo stadio Olimpico di Roma”, ha dichiarato a LaPresse, Claudio Pasqualin, noto agente di calcio e grande amico del campione. Gli unici forse a non ricordarsi di lui sono stati gli organizzatori del Pallone d’Oro di France Football. Per Tardelli è stata una “dimenticanza e una stupidità di chi ha organizzato l’evento”, per Antognoni una mossa inattesa perché credo se lo meritasse dato che è stato vincitore del Mondiale e del Pallone d’Oro ed è stato uno dei pochi italiani a vincerlo”. Ma per Pablito va bene così. E l’avrà presa certamente con uno dei suoi contagiosi sorrisi.
di Luca Masotto