Napoli, superbonus nel mirino dei clan: imprenditore si ribella al racket

Si è rivolto alle forze dell’ordine dopo essere stato avvicinato dagli estorsori. Al Vomero avanzano gli uomini dell’Alleanza di Secondigliano. Allarme camorra anche al Nord

NAPOLI – Il Superbonus 110% fa gola ai clan napoletani, che a turno stanno facendo visita ai cantieri di recente apertura in tutti i quartieri del capoluogo e nella galassia dei comuni della provincia, soprattutto nell’area nord, con l’obiettivo di assicurarsi vaste fette dell’incentivo introdotto dal governo nel Decreto Rilancio nel maggio di due anni fa. Lo sa bene, purtroppo, un imprenditore del Vomero (quartiere sul quale – come conferma il pool anticamorra della Procura di Napoli – si sono allungati i tentacoli dell’Alleanza di Secondigliano) che nei giorni scorsi è finito nel mirino degli estorsori. La richiesta è quella di sempre, in un sistema di distorsione della realtà fatto di formule e atteggiamenti inequivocabili che chi è in piazza da anni conosce a memoria. Soldi per le famiglie dei carcerati, in una sola parola: pizzo.

Non si è intimorito, l’imprenditore, e ha raccolto il coraggio a due mani rivolgendosi alle forze dell’ordine. Questione di giorni – da mercoledì prossimo, per l’esattezza – e sul suo cantiere campeggerà uno striscione con un messaggio chiaro e preciso: “Questa impresa ha aderito al patto antiracket con le forze dell’ordine”. Richieste estorsive rispedite al mittente, è soltanto così che si possono mettere all’angolo malavita e dintorni. I messaggeri delle cosche staranno alla larga dal cantiere, questo è certo. Come staranno alla larga da un altro imprenditore di Grumo Nevano che ha denunciato gli estorsori e ricevuto il sostegno di forze dell’ordine e associazioni che si battono contro la criminalità organizzata, su tutte Sos Impresa. Da martedì prossimo lo striscione antiracket sarà anche sul suo cantiere. E’ il segnale di una Napoli che vuole cambiare, che vuole mettersi alle spalle anni e anni di silenzi e prevaricazione, di paura e intimidazioni, di aziende chiuse, imprenditori sul lastrico, di professionisti che si sono tolti la vita perché strozzati dai debiti, di cantieri abbandonati da un giorno all’altro, di centinaia di operai a casa senza più un’entrata fissa, di saracinesche di storiche attività che non verranno mai più tirate su.

Ma è anche il segnale di una trasformazione della camorra, sempre più attratta dalle mode del momento, sempre più abile a cavalcare l’onda e mettersi al pari con gli upgrade dell’imprenditoria, sempre più astuta nel sfruttare gli assist serviti dalle istituzioni nazionali. E infatti non sono soltanto Napoli e provincia ad animare gli appetiti delle cosche partenopee. Nel giro di appena un mese e mezzo la guardia di finanza e l’Agenzia delle Entrate, attraverso un’attività di analisi e controllo condotta su scala nazionale, hanno scoperto un ammontare complessivo di crediti d’imposta inesistenti – di cui agli articoli 119 e seguenti del Decreto Rilancio – di 4,4 miliardi di euro. In particolare, come si evince dall’operazione ‘Free credit’ della guardia di finanza di Rimini, datata 31 gennaio (ed eseguita in Emilia Romagna, Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto) camorra e ’ndrangheta si starebbero muovendo con maggiore decisione rispetto alle altre realtà criminali italiane, ben oltre i rispettivi confini regionali trasferendo al Nord i propri interessi.

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