ROMA – Campo largo o “vicolo corto”: dipende dal Partito democratico. Matteo Renzi riapre la porta al suo ex partito, in vista delle elezioni politiche 2023. A suo modo, ovviamente, ‘concedendo’ a Enrico Letta di aver assunto posizioni “interessanti” sulla giustizia, ma pungolando i dem a lasciar perdere il rapporto con i Cinquestelle per concentrare le attenzioni su un’altra area. “Al centro c’è uno spazio riformista e non so se attende il principe azzurro o Biancaneve, certamente non saranno i 7 nani a riempirlo o gli autoproclamati leader”, dice nella relazione introduttiva dell’Assemblea nazionale di Iv. Renzi scandisce bene il concetto: “Il centro già c’è e sarà decisivo. La vera domanda è se il Pd vorrà stare qui oppure no”.
L’ex premier batte più volte sullo stesso tasto. “Draghi ha fatto un discorso significativo sull’energia alle camere. Parliamo di contenuti: ci avete massacrato sul Tap, sui referendum sulle trivelle, sullo Sblocca Italia, ma ora ci date ragione. Agli amici del campo largo propongo: la dite una cosa chiara sull’energia?”. Renzi prende come esempio un aneddoto recente: “Quando Zingaretti ha portato al governo della Regione Lazio i grillini, il primo atto di Roberta Lombardi fu una moratoria sulle rinnovabili, perché è un problema. Votata dal Pd e su cui, da sola, si è espressa per il no la nostra Tidei: se vogliamo fare il campo largo dobbiamo chiarirci su cosa fare, sennò diventa vicolo corto, e chi torna non prende nemmeno le 20mila lire di chi passa dal via”. I paletti sono chiari: “No vax, no Tav, no Tap, no Watt? No grazie”.
L’antipasto delle politiche non sarà, però, alle prossime amministrative, perché Italia viva ha scelto una strategia differenziata sui territori. Più probabilmente saranno i referendum sulla giustizia a testare il grado di tenuta tra Renzi e Letta, anche se il leader di Italia viva riconosce che “dal Pd arrivano segnali interessanti”. Così come ammette che “la posizione chiara di Enrico Letta sull’atlantismo spazza via ogni dubbio” sui dem. Il tema è caldissimo per il senatore toscano, che tuona contro l’Anpi: “Mi dispiace molto, ma le dichiarazioni sul conflitto ucraino sono vergognose. I partigiani di 70 anni fa avrebbero saputo perfettamente da che parte stare, attaccare l’imperialismo americano significa stare indietro con le lancette della storia”.
Un altro assist lanciato ai dem è quello sul lavoro, perché Renzi indica come priorità ai suoi “la partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende”, citando il caso di Amazon. E poi le riforme: “Ritengo che non sia più rinviabile l’elezione diretta del presidente della Repubblica. E penso non sia più rinviabile un passaggio a una sistema presidenziale all’americana. Il Quirinale deve diventare il vero luogo del potere”. In agenda mette anche un gruppo parlamentare di lavoro sul bicameralismo, indicando in Sabino Cassese l’esperto per accompagnare i suoi nel percorso di riflessione. Nel suo intervento Renzi trova anche il modo per rispondere agli affondi di Carlo Calenda, e anche se dice di non volerne parlare male, definisce il ex ministro come affetto dalla ‘andreottiana’ “sindrome del beneficiario rancoroso”. Il segretario di Azione non raccoglie ma nemmeno resta in silenzio: “Direi che in questo momento ci sono cose più rilevanti di queste polemiche da cortile”.
In questo scenario, Letta ascolta e incassa, mentre tesse la sua tela. Questa volta con i Radicali, ai quali assicura, intervenendo al loro Congresso, che su Eutanasia e Cannabis, “seppur con con differenze di approcci, vogliamo andare avanti e coprire il vuoto normativo”. Il segretario del Pd spiega che “in Parlamento ci sono possibilità significative di aprire queste discussioni e far sì che arrivino a dei risultati”. E in particolare “sul fine vita siamo più avanti e la possibilità di arrivare a un risultato importante è ragionevolmente alla nostra portata”. A piccoli passi, ma il campo largo inizia a prendere forma.
Di Dario Borriello