Smantellate due piazze di spaccio nel casertano: in tre finiscono in prigione

Lo smercio di stupefacenti a Caianello e in un’abitazione a Teano. In meno di un anno documentate dai carabinieri circa mille cessioni di cocaina e una ventina di marijuana

De Nuccio, Laurenza e Gjini

Nuovo colpo dei carabinieri inferto allo spaccio di droga: ieri mattina, su ordine del giudice Emilio Minio del Tribunale di S. Maria C.V., è scattato il blitz che ha portato all’arresto di Esat Gjini, 40enne di origini albanesi, ma residente a Teano, nella frazione Santa Maria Versano. Con lui sono stati ammanettati pure Giancarlo De Nuccio, 38enne, e Alberto Laurenza, 36enne, entrambi di Caianello. I tre, ora in carcere, sono assistiti dagli avvocati Bruno Ruggiero, Pirunni e Ciro Balbo. L’attività investigativa, coordinata dal pm Daniela Pannone, che ha innescato la misura cautelare, ha coinvolto a piede libero anche Indrit Gjini, 37enne di Caianello, conosciuto come Stefano e fratello di Esat.
L’inchiesta è stata condotta dai carabinieri della stazione di Vairano Scalo, diretta dal comandante Massimo Palazzo, e dai militari della Compagnia di Capua, guidata dal tenente colonnello Paolo Minutoli. Gli arresti arrivano a seguito di una complessa indagine iniziata nel mese di giugno 2019 e conclusasi nel mese di maggio 2020.

I carabinieri hanno puntellato la loro tesi accusatoria avvalendosi di servizi di osservazione, pedinamenti degli inquisiti e intercettazioni telefoniche.

Il lavoro dei militari, sostiene la Procura sammaritana, ora diretta da Carmine Renzulli, ha permesso di disarticolare una fiorente attività di spaccio di cocaina “svolta in modo continuativo a Teano e a Caianello”. L’ipotizzato smercio avveniva in due distinte piazze. Una, situata nella frazione sidicina di Santa Maria Versano, aveva la sua base presso l’abitazione di Esat Gjini. L’albanese avrebbe usato il proprio domicilio per vendere stupefacenti e in alcune occasioni commerciava droga al dettaglio pure in strada. A rifornirsi di narcotici da lui sarebbero stati cittadini provenienti dalla stessa Teano ma pure da Caianello, Roccamonfina e Vairano Patenora. Ad aiutarlo in questa attività illecita, sostiene l’accusa, sono stati suo cognato Laurenza e De Nuccio. La seconda piazza individuata dai carabinieri, invece, sarebbe stata attiva a Caianello. A controllarla, in base a quanto scoperto dai carabinieri, sempre Esat Gjini, ma in questo caso l’albanese avrebbe data sostanzialmente in gestione a due del posto, ovvero Laurenza e De Nuccio.

Dalle intercettazioni telefoniche captate è emerso che gli indagati, fatta salva la loro presunzione di innocenza fino a sentenza irrevocabile, ricevano in autonomia le richieste di droga dagli acquirenti, accordandosi per le consegne della cocaina e, in qualche circostanza, anche di marijuana, sui luoghi dove concretizzare lo scambio, che cambiavano però di volta in volta per eludere possibili indagini. Nonostante i loro sforzi. però, i carabinieri sono comunque riusciti a tracciare le ipotizzate cessioni di droga. A puntellare il quadro probatorio, gli inquirenti hanno inserito numerose dichiarazioni testimoniali dei compratori di sostanze stupefacenti. L’indagine ha accertato almeno mille casi di cessioni di cocaina e una ventina di marijuana.

L’indagine nata dopo i controlli al bar ‘Coyote’ di via Ceraselle

Ad innescare l’indagine che ieri mattina ha fatto scattare i tre arresti sono le dichiarazioni rese ai carabinieri da una donna il 23 giugno del 2019. Ai militari dell’Arma della stazione di Vairano Scalo raccontò come era strutturato lo spaccio di narcotici all’interno del Bar Coyote, situato a Caianello, in via Ceraselle. E tra gli acquirenti indicò De Nuccio, ora in prigione per per detenzione e smercio di stupefacenti.

Gli investigatori, raccolto le informazioni della donna, attivarono servizi di appostamento e osservazione nel territorio di Caianello. Lo step successivo furono le intercettazioni telefoniche. I militari iniziarono a monitorare l’utenza di Indrit Gjini, altra persona che orbitava intorno al bar. E ascoltando cosa diceva al cellulare, i carabinieri accertarono, questa la loro tesi, che era aiutato nello spaccio proprio da De Nuccio. Ad agosto Indrit, conosciuto pure come Stefano, lasciò l’Italia affidando il telefonino a De Nuccio. E continuando a monitorarlo emersero figure di altri ipotizzati pusher, ovvero Alberto Laurenza e poi Esat Gjini, noto sul territorio come Alessandro.

A spingere il giudice Emilio Minio ad emettere l’ordinanza cautelare nei confronti di Esat, Laurenza e De Nuccio è l’aver ravvisato in loro “il concreto e attuale pericolo di recidiva”. Uno scenario che il gip ha fondato su quelli che ritiene “elementi oggettivi”, come il contatto con una platea di clienti consolidati, l’esistenza di sicuri canali di approvvigionamento e la capacità di procurarsi le risorse finanziare per mettere in moto il business.

Per il giudice i tre arrestati hanno un profilo criminale di spessore: una convinzione nata, dice , dalla costante disponibilità di droga che avevano, dalle modalità “professionali dello spaccio” e dai loro collegamenti “con soggetti ben inseriti nel mercato degli stupefacenti”.
Per Minio l’unica misura “idonea” a prevenire che i tre continuassero a spacciare è stata il carcere: trovandosi in prigione non avranno la possibilità di restare in contatto con il mondo del narcotraffico.

Il giudice ha ricordato che nel corso dell’indagine dei carabinieri, uno dei tre non aveva esitato a minacciare un acquirenti per il mancato pagamento di un debito relativo alla droga.

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