ROMA – Giuseppe Conte soffia sul fuoco della tensione in maggioranza e ancora una volta fa asse con il leader della Lega, Matteo Salvini. Sull’innalzamento delle spese militari, il leader M5S non arretra e, nel suo messaggio ai militanti, – in occasione del voto degli iscritti sulla sua leadership che si terrà domani e lunedì – conferma: “Se mi accorderete di nuovo una fiducia piena, sarò il presidente di un Movimento che dice no all’aumento massiccio delle spese militari a carico del bilancio dello Stato, soprattutto in un momento del genere”. Una linea che non si coniuga con i programmi del governo, di cui il Movimento 5Stelle fa parte, e con l’intento del suo presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Da Bruxelles, l’ex capo della Bce non è caduto in facili e scivolose polemiche e, dopo aver ricordato più volte che sul tema l’accordo era stato siglato nel 2006, preferisce la strada della conciliazione e del buon senso: “La politica oggi deve parlare del presente e del domani. In questo momento l’unica cosa che può fare una politica che vuol bene al Paese e vuole la pace è stare uniti, seguire la posizione degli alleati e gli alleati, infatti, non hanno espresso nessun dubbio sulla tenuta della nostra posizione”. Il tema tuttavia resta incandescente, lacerando nel suo interno lo stesso Movimento.
Il nodo dovrà essere sciolto e ci penserà la riunione di maggioranza di domani, in Senato, che dovrà decidere come muoversi sull’ordine del giorno presentato da Fdi al decreto legge Ucraina. L’ipotesi che l’esecutivo dia un parere favorevole al testo è praticamente scartata, mentre si fa sempre più concreta l’ipotesi di un odg che unisca tutte le diverse anime della maggioranza, impegnando il governo su diversi tempi, tra cui il taglio delle bollette dell’energia, il sostegno di famiglie e imprese in difficoltà, prospettive più concrete per rinnovabili e non ultimo l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, ma da non realizzarsi a stretto giro. Insomma un impegno a lungo termine che metterebbe tutti d’accordo. E se questo non dovesse bastare? Piero Fassino minimizza: “Se il Movimento 5 Stelle non dovesse votare in Senato l’ordine del giorno sull’aumento delle spese militari, la maggioranza c’è lo stesso”. Quindi nessun contraccolpo sulla tenuta dell’esecutivo. Dura invece la replica di Maria Elena Boschi: “Quando Conte era premier voleva alzare le spese militari. Ora che fa il capo grillino promette il contrario. Questo è il populismo ipocrita di chi usa il dramma della guerra per un dibattito interno al proprio partito. Tristezza”, cinguetta.
E se sul fronte delle spese militari in casa del Carroccio non ci dovrebbero essere defezioni (“Voteremo come fatto alla Camera”, conferma Massimiliano Romeo), sulla linea della guerra tra Ucraina e Russia, proseguono i distinguo di Matteo Salvini: “Stiamo entrando al secondo mese di conflitto alle porte dell’Europa, e ci sono troppi uomini di Stato e di governo che parlano con troppa facilità, a mio giudizio di armi, bombe e missili, e dall’altra parte dell’oceano addirittura di nucleare. Io ringrazio, nel buio che stiamo attraversando e da cui usciremo, la luce che porta il Santo Padre e gli uomini di fede che si ostinano a lavorare per la pace a usare parole e argomenti di pace”, la stoccata.
Parole che non piacciono a Osvaldo Napoli, deputato di Azione, che rileva: “La linea di M5S e Lega si sta rivelando ininfluente rispetto alla strategia portata avanti con determinazione dal presidente Draghi e sulla quale si è sintonizzata con rapidità Giorgia Meloni”. Infine il colpo di fioretto: “Il leader da rilegittimare e un leader con una legittimazione periclitante, cioè Giuseppe Conte e Matteo Salvini, arrivano con il fiato grosso a riconoscere i nuovi equilibri internazionali come vengono scanditi dall’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina. Sbagliano, allora, Lega e M5S a utilizzare un profilo pacifista dietro il quale si intuisce una persistente zona, opaca e irrisolta, dei loro rapporti con la politica russa”.
Di Donatella Di Nitto