ROMA – Jack Dorsey benedice il cambio di proprietà, Jeff Bezos avanza dubbi sui futuri rapporti con la Cina, S&P minaccia il downgrade e il mercato reagisce con una svendita che fa perdere al titolo circa il 3% al Nyse. Il passaggio di Twitter nelle mani di Elon Musk sembra in salita già il giorno dopo l’annuncio dell’accordo da 44 miliardi di dollari.
Da una parte Dorsey, fondatore ed ex ceo della società proprietaria del social network, ha citato ‘Everything in its right place’ dei Radiohead commentando: “Elon è la soluzione singolare di cui mi fido. Ho fiducia nella sua missione di estendere la luce della coscienza” di Twitter, che ha definito “la cosa più vicina a una coscienza globale che abbiamo”. Per Dorsey strappare Twitter dalle mani di Wall Street e del modello pubblicitario, che nel quarto trimestre ha portato 1,41 miliardi di dollari ricavi su 1,57 miliardi in totale, è “il primo passo giusto”. Bezos, da rivale di Musk, proprio su Twitter si è chiesto se il governo cinese non avrà “appena guadagnato un po’ di potere sulla piazza?”, insinuando che i rapporti di Tesla con il mercato cinese potrebbero orientare l’operato di Twitter nelle mani di Musk. Il fondatore di Amazon si è risposto da solo, osservando che “probabilmente no”, il governo di Pechino non ha guadagnato più potere, ma che il “risultato più probabile a questo proposito è la complessità in Cina per Tesla, piuttosto che la censura a Twitter”.
L’agenzia di rating S&P ha posto il rating della società, di livello BB+, in CreditWatch negativo a seguito dell’accordo di acquisizione. Posizionamento in CreditWatch che potrebbe risultare in un downgrade di diverse tacche sia della società che del suo debito, una volta che l’acquisizione proposta sarà conclusa e sarà possibile valutare la struttura patrimoniale, la strategia operativa e la governance della società come entità privata. Nicola Bilotta, responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali, ha detto a LaPresse che “Anche se Musk è l’uomo più ricco del mondo, avere liquidità è diverso rispetto ad avere un grande patrimonio. Se deve finanziare quasi 20 miliardi di questo investimento con equity o cash proprio, deve ovviamente far fronte a prendere della liquidità dai propri conti, oppure utilizzare le azioni che possiede in Tesla come collaterale”.
E una mossa del genere rischia di indebolire Tesla in futuro, dato che “Elon Musk, che aveva più del 20% delle azioni della compagnia, ha già usato come collaterale quasi 170 miliardi delle sue azioni in Tesla”, come ha ricordato Bilotta riferendosi all’annual report del produttore di veicoli elettrici. “Se un domani Musk fosse forzato a vendere le proprie azioni Tesla per ripagare i propri debiti, ciò comporterebbe un crollo del valore delle azioni della società. È un fatto problematico a livello commerciale”. L’incognita per la società resta il modello commerciale da perseguire in alternativa a quello basato sulla pubblicità. “È ancora tutto abbastanza nebuloso – osserva Bilotta -, non si sa ancora bene che business model vorrà portare avanti, quali sono i cambiamenti commerciali che vorrà adottare”. Finora “Musk ha detto che vorrebbe avere un modello di business meno dipendente dall’advertisement, che comportebbe un cambiamento radicale di come Twitter funziona”. Nel quarto trimestre i ricavi pubblicitari hanno rappresentato il 90% delle entrate, ovvero la quasi totalità. Bilotta ritiene che “capire come modificare questo tipo di business model non è semplice”.
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