ROMA – Intervenire al più presto sui prezzi delle materie prime, dall’acciaio (che l’Italia importava in gran quantità da Russia e Ucraina) ai mattoni, dal legno alla ceramica, in crescita già prima della guerra per la ripartenza sprint dell’edilizia e letteralmente esplosi, data anche la difficoltà di reperimento, dopo l’invasione da parte di Mosca. Il Governo raccoglie il grido d’allarme lanciato dalle imprese e corre ai ripari per non bloccare cantieri e opere pubbliche previste nel Pnrr che adesso rischiano lo stop.
Un primo intervento di revisione dei prezzari regionali era già stato fatto per i bandi del 2022, ma adesso sono quelli del 2021, in fase di attuazione, ad aver bisogno di un nuovo provvedimento da parte del Governo. A palazzo Chigi fanno il punto, in mattinata, il ministro dell’Economia Daniele Franco, il titolare del Mims Enrico Giovannini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, sempre in contatto con Mario Draghi, a lavoro da remoto da Città della Pieve perché ancora positivo al Covid.
La rotta la traccia Giovannini: “Per le nuove gare stiamo ragionando con palazzo Chigi e con il Mef su come assicurare alle stazioni appaltanti fondi integrativi adeguati per avviare le gare con prezzi corretti e attrarre le migliori imprese”, dice parlando di “interventi di entità consistente, di diversi miliardi”. Le stazioni appaltanti saranno compensate per l’incremento dei prezzi dei materiali. “Per le gare in essere – spiega – stiamo compensando le imprese per gli aumenti dei prezzi del 2021. A breve si potrà accedere a una procedura snella per le variazioni del secondo semestre dell’anno”.
L’obiettivo del Governo è mettere a terra il nuovo decreto entro questa settimana. Il Consiglio dei ministri potrebbe riunirsi giovedì, anche se non è stato ancora convocato, e l’idea del premier resta quella di mettere sul tavolo un intervento quanto più completo possibile. Sul tavolo, però – data anche la complessità di alcune norme da mettere nero su bianco – c’è anche l’ipotesi di spacchettare in due il provvedimento, andando subito a prorogare il taglio delle accise e gli aiuti a famiglie e imprese fino a giugno, intervenendo anche sul rincaro dei materiali, e rinviare ad un altro testo i provvedimenti che puntano a velocizzare la burocrazia sulle rinnovabili.
Le risorse a disposizione restano i 6 miliardi messi nero su bianco nel Def, anche se i partiti continuano a chiedere uno sforzo maggiore, anche mettendo mano ai conti pubblici. “Sono pronto a parlarne col presidente Draghi, l’obiettivo della Lega è che il governo garantisca lo stanziamento di almeno altri 5 miliardi per contrastare il caro bollette. Come per i recenti interventi contro il caro energia e il taglio alle accise, sono certo che verrà riconosciuto il buonsenso delle nostre proposte”, dice Matteo Salvini. Chiede un assegno energia per famiglie e imprese e agevolazioni ai cittadini per trasporto pubblico locale Enrico Letta. Per il segretario Pd “i fondi ci sono. Ci sono 6 miliardi di euro, ci sono gli extraprofitti e poi se c’è bisogno si farà uno scostamento di bilancio”, è la sottolineatura.
L’ex premier continua a insistere perché si arrivi a un tetto europeo del prezzo del gas e propone anche di “andare avanti a livello nazionale, come hanno fatto Spagna e Portogallo”, qualora non si riesca a trovare un accordo a livello comunitario. Il Governo insiste dunque con “massimo impegno” a battere questa strada. Draghi il 3 maggio interverrà alla plenaria di Strasburgo e ribadirà la linea. Luigi Di Maio lo dice chiaro: “Come Italia continueremo a batterci in Europa con tutte le forze. Subito un tetto massimo europeo al prezzo del gas, per tutelare famiglie e aziende contro speculazioni che non permetteremo. Questa – sottolinea – è la risposta che l’Europa deve dare ai cittadini, con rapidità e senza veti da parte di nessuno”.(LaPresse)