Ucraina, Parolin: “Inviare armi una risposta debole, torni lo spirito di Helsinki”

"Cessare i combattimenti" e tornare allo "spirito di Helsinki", anziché l'invio di armi che "è una risposta debole".

Foto Daniele Leone / LaPresse in foto il cardinale Pietro Parolin

ROMA – “Cessare i combattimenti” e tornare allo “spirito di Helsinki”, anziché l’invio di armi che “è una risposta debole”. Il segretario di Stato della Santa sede cardinale Pietro Parolin torna sulla guerra tra Russia e Ucraina, partendo dal libro ‘contro la guerra’ di Papa Francesco presentato all’Università Lumsa, e cita Aldo Moro riportando indietro lo sguardo alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa che nel 1975 produsse un documento internazionale firmato da 35 stati tra cui Usa e Urss, un passo fondamentale per frenare la Guerra Fredda e arrivare poi alla caduta del Muro di Berlino.

Ciò che serve è “un nuovo sistema di relazioni internazionale mai più basato sulla deterrenza e sulla potenza militare”, “una casa comune dove tutti si sentano rappresentati”, spiega il cardinale, riconoscendo all’Europa un ruolo centrale e sottolineando che “serve lo spirito di Aldo Moro a Helsinki nel 1975 andando oltre la logica dei blocchi. Quando est ed ovest si unirono sulla via della distensione. La pace nell’interesse dei popoli, la sicurezza per tutti. Oggi c’è bisogno di una nuova conferenza di Helsinki”.

Pur dicendosi “pessimista” su un ritorno a breve delle trattative per arrivare a un cessate il fuoco, il ‘diplomatico del Papa’ rivela tuttavia che “mi dicevano dall’Ucraina che continuano a parlarsi, anche se in remoto”.

Usa la diplomazia, Parolin, anche quando c’è da precisare la posizione della Santa Sede sull’invio di armi all’Ucraina. Da un lato spiegando che anche nel Vangelo ci sono passi in cui una sorta di Resistenza viene accettata, se non promossa: “Non si può pretendere che qualcuno, ingiustamente attaccato, non difenda i suoi cari, la sua casa, la sua patria”, sottolinea Parolin, citando il Catechismo, dove però al paragrafo 2309 si specifica: “Il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare”. Tutto quello che è accaduto in passato è diverso da oggi, spiega dicendosi preoccupato per le armi di distruzione di massa: “Non serve la corsa al riarmo, nel mondo ci sono già armi in grado di distruggere l’umanità. Davvero dobbiamo costruirne di altre? Dobbiamo invece offrire cibo e acqua”, rimarca Parolin.

Bocche cucite invece sul possibile viaggio di Papa Francesco a Kiev e sull’incontro del Santo Padre con il patriarca di Mosca Kirill che doveva svolgersi a Gerusalemme nel mese di giugno, ma che la “diplomazia” vaticana ha consigliato a Bergoglio di rimandare perché “potrebbe creare molta confusione”. Lo stesso Kirill lo scorso 27 aprile, in collegamento a distanza con il Patriarca ortodosso della Serbia, Porfirje, si è detto preoccupato per “la situazione umanitaria nel Donbass” e “per la difficile situazione della Chiesa canonica, nonché dell’oppressione che sta subendo”.

Sull’invio di armi si è espresso anche l’ex premier Romano Prodi, che rifacendosi alle parole di Papa Francesco rileva: “Di fronte a un’invasione e ad un’aggressione è chiaro che si deve aiutare l’aggredito. Non mi entusiasma la cosa ma non vedo come si possa usare una misura diversa”.

“Serve che Cina e Usa intervengano. Qui si sta scomponendo la politica mondiale, le due grandi potenze devono ricomporla e l’Europa deve fare la sua parte”, aggiunge il professore, auspicando una politica di difesa comune Ue promossa dalla Francia che coinvolga la Germania. “Un riarmo autonomo di un paese con una forza economica così grande – conclude in riferimento a Berlino – crea forzatamente un rapporto che rende molto più difficile la politica comune europea del futuro. Una guerra cambia tutti i riferimenti, compresi quelli interni europei”.

di Simone Di Stefano

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