CASERTA – Lo hanno gridato in autostrada, urlato sfilando davanti alla direzione generale dell’Asl, scritto sui quotidiani, detto in tv. Il piano per eradicare brucellosi e tubercolosi dalle stalle di Terra di Lavoro, così come approvato dalla giunta regionale lo scorso aprile, rischia di far collassare il settore. Concetto che ieri mattina il Coordinamento unitario di difesa del patrimonio bufalino ha ribadito alla conferenza svoltasi presso la fondazione ‘Circolo artistico politecnico onlus’ a Napoli. “Bisogna cambiarlo – ha spiegato il gruppo – per salvare il settore e la mozzarella castana”. Gianni Fabbris (nella foto), portavoce del coordinamento, esprimendo pochi concetti chiari ha evidenziato il perché del fallimento del piano: chi lo ha scritto, riferendosi ai tecnici del comitato scientifico allestito dalla Regione, ha fatto “ingrassare i macellai e l’industria del latte”.
La grande produzione, secondo Fabbris, si sarebbe avvantaggiata della crisi dettata dall’emergenza brucellosi e tubercolosi, con l’annessa ondata di abbattimenti, “per portare la produzione di mozzarella fuori da Caserta”. “Se questi sono gli scienziati – ha fatto sapere il portavoce, – allora vadano a casa”.
Il timore di tanti operatori agricoli di Terra di Lavoro è che venga sfilata loro una risorsa inestimabile: l’oro bianco. Si preoccupano che la mozzarella, principale prodotto che viene realizzato con il latte di bufala, si trasformi in un brand che di casertano ha soltanto il nome ma che viene prodotto in altre zone. Cosa si rischia? Il territorio diventerebbe più povero, dovrebbe dire addio a quelle piccole e medie strutture che artigianalmente creano e commerciano un alimento che a Caserta invidia mezzo mondo.
Il Coordinamento di tutela nell’analizzare gli attuali problemi del comparto, ha ricordato come fino al 2014 il piano che veniva seguito, con al centro la vaccinazione, aveva portato l’incidenza della brucellosi in provincia di Caserta da circa il 20 percento a sfiorare lo zero. Messa in soffitta la vaccinazione si è passato alla strategia della ‘terra bruciata’. Le norme attuali, ha evidenziato Fabbris “impediscono la vaccinazione e in nome del principio di precauzione contro Brucella e Tbc è stato usato un metodo aggressivo abbattendo tutti gli animali positivi o presunti tali. Inoltre, se in un allevamento si supera una certa percentuale di positivi o presunti tali viene abbattuta tutta la stalla”.
Insomma, un fallimento totale. E a dimostralo sono i numeri. “La brucella dopo il 2015 è tornata ad estendersi e oggi, in provincia di Caserta, siamo mediamente al 18 percento di incidenza. E, inoltre, per effetto di questa strategia sono scomparse 300 aziende e decine di migliaia di animali sono state abbattute. A dicembre la Regione Campania pensava di continuare a mettere in atto un piano in continuità con quello immediatamente precedente. Siamo scesi in campo come coordinamento unitario – che oggi racchiude circa 20 realtà sindacali, associative – e in 30 giorni abbiamo ottenuto che la Regione riconoscesse di non poter dare continuità al fallimento e inserisse nel piano alcuni punti fondamentali della strategia che proponevamo, vaccinazione a autocontrollo”. Sforzo vano. Ne è uscito fuori “un pasticcio” creato “per far fallire l’obiettivo di eradicare brucellosi e tubercolosi”. E soprattutto, ha concluso Fabbris, “è un piano punitivo per le aziende”:
Abbandonare i vaccini dopo il caso Rb51 è stato un errore
E’ stato un punto di riferimento nella lotta alla brucellosi quando la situazione non era tragica come quella che il comparto bufalino sta vivendo adesso. Vincenzo Caporale (nella foto), oltre alle conoscenze scientifiche, ha una memoria storica che, se ascoltata, sicuramente farebbe bene a chi ora si trova a decidere le sorti del settore. Già professore di malattie infettive dell’università di Bologna, ex direttore dell’istituto zooprofilattico di Teramo, guida della commissione per gli standard biologici dell’Oie, ieri è intervenuto alla conferenza organizzata dal Coordinamento di tutela del patrimonio bufalino. Ha ripercorso le tappe della vaccinazione e dell’uso del Rb51. In prima battuta venne importato in modo illegale, perché non era possibile commercializzarlo. “Io non è che ero contrario, dicevo che non era stata dimostrata la sua efficace. Qualche delinquente, inoltre, aveva fatto credere che curasse l’infezione e così veniva usato su gli animali adulti. Allora proposi di consentirne l’uso ma ad una sola condizione: pastorizzare il latte. Non mi inventai nulla di nuovo, era la stessa disposizione – ha chiarito Caporale – che facevano dagli americani per i loro allevatori”. E non fu solo Caporale a dirlo, ma anche “l’istituto zooprofilattico di Napoli, il ministero della Salute, l’Europa, la Regione”. Nonostante questo iniziarono le inchieste giudiziarie ritenendo l’uso del Rb51 “un attentato alla salute pubblica”. “Nel 2014 si era creato un tale inferno, processi penali e altro, che questi geni pensarono che il problema si poteva risolvere abbandonando la vaccinazione. Nonostante l’Unione europea avesse detto, invece, di aumentare la pressione vaccinale. Io – ha aggiunto Caporale – ho sempre detto però, e per questo forse non tutti gli allevatori mi hanno amato, che la vaccinazione da sola nona avrebbe risolto i problemi”. Riannodando passato a presente, per Caporale negli ultimi tempi è stato scelto “di fare una modifica strategica importante sulle misure di prevenzione del piano, sfortunatamente non hanno adottato nessuna delle misure indispensabili, nel momento in cui si è abbandonata la vaccinazione, per poter tenere sotto controllo la diffusione dell’infezione. Hanno fatto dei piani che sono assolutamente inadeguati e lo dimostrano i risultati”.
De Luca vuole lo scontro: nessun dietrofront
Il governatore Vincenzo De Luca non fa passi indietro. Chi tra gli allevatori gli aveva teso la mano con la speranza di trovare insieme, collaborando, una soluzione agli effetti devastanti che il piano di eradicazione ha avuto sul settore bufalino, ascoltandolo ieri sarà sicuramente balzato dalla sedia. Il governatore tira dritto: “Va salvaguardato il comparto bufalino ma anche la salute dei consumatori. Noi abbiamo affrontato questo problema con il massimo della sensibilità di attenzione – ha proseguito -. Abbiamo condiviso le scelte con il 90 per cento delle associazioni agricole ma soprattutto ci stiamo muovendo sulla base degli orientamenti del ministero della Salute e dell’Agricoltura”. “Noi andremo avanti, non accettando intimidazioni – ha aggiunto – da parte di qualche gruppo e proponendo aiuti per rinnovare gli allevamenti, che vorrei immaginare di averli come quelli che sono in Baviera o in Olanda. Mettiamo a disposizione anche risorse europee per questo obiettivo ma non possiamo più avere allevamenti squilibrati rispetto alla spazio necessario. Non possono esserci cento bufale in 200 metri-quadrati”.
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