ROMA – “Solo con il dialogo costante ed il coinvolgimento delle parti sociali si possono affrontare i problemi del paese. Con il decreto legge 36 il Governo ha percorso una strada diversa e sbagliata: si interviene per legge su aspetti che riguardano la disciplina del rapporto di lavoro e su materie contrattuali come il salario e la formazione, con soluzioni del tutto inadeguate rispetto all’obiettivo di sostenere la qualità del lavoro con un supporto formativo e di aggiornamento generale e sistematico”. E’ quanto sottolinea oggi il Segretario Generale della Cisl Luigi Sbarra in un intervento su Il Messaggero.
“La formazione diventa, anziché una opportunità da garantire a tutti, uno strumento selettivo finalizzato all’erogazione di benefici “una tantum” a quote ristrette di personale. Per fare questo, si riduce l’entità delle risorse destinate al rinnovo contrattuale, che a fatica consentono un’indispensabile e non più rinviabile rivalutazione degli stipendi ed il cui potere d’acquisto è intaccato delle dinamiche inflattive”, aggiunge il leader Cisl .
“Sempre per la stessa finalità , il Governo annuncia un piano di riduzione dei posti in organico, con un taglio di 9.600 cattedre in 5 anni, motivato con il calo delle nascite e quindi della popolazione scolastica. Si accetta come ineluttabile il calo della natalita’ che andrebbe invece contrastato con politiche attive di sostegno alla maternita’ ed alla conciliazione lavoro-famiglia. Non si assume come priorità la riduzione del numero di alunni per classe e l’aumento del tempo scuola, nell’ottica di un contrasto efficace alla povertà educativa , specie nelle aree territoriali di più marcato disagio socio economico, (mezzogiorno, periferie metropolitane), una delle priorita’, tra l’altro del Pnrr. Non era questo per la Cisl lo spirito del “patto” sulla scuola che avevamo firmato a maggio dello scorso anno”, sottolinea ancora Sbarra.
“Quello del Governo è un provvedimento che manca di respiro strategico, lascia irrisolte molte criticità del sistema scolastico, nel quale basse retribuzioni, assenza di opportunità di crescita professionale, abnorme ricorso al lavoro precario agiscono da freno , impedendo al sistema stesso di esprimere tutte le sue potenzialità. Tutto ciò si traduce in un’occasione mancata di rilancio e riqualificazione degli investimenti, sacrificati invece a logiche più di facciata che di vera valorizzazione delle professionalità e della qualità del servizio”, conclude Sbarra.
(LaPresse)