Hong Kong, filocinese John Lee sarà governatore: Ue: “Violati i principi democratici”

John Lee, ex capo della sicurezza che ha guidato la repressione delle proteste pro-democrazia a Hong Kong, sarà il nuovo governatore dell'hub finanziario.

MILANO– John Lee, ex capo della sicurezza che ha guidato la repressione delle proteste pro-democrazia a Hong Kong, sarà il nuovo governatore dell’hub finanziario. Unico candidato, è stato eletto dal comitato elettorale, ampiamente filocinese: ha ricevuto il sostegno di oltre il 99% dei 1.500 componenti, attentamente selezionati dal governo di Pechino. È la maggioranza più alta mai raggiunta in questo tipo di voto. Lee succederà così all’attuale governatrice, Carrie Lam, dal 1 luglio. “Attendo con ansia di iniziare un nuovo capito insieme, costruendo una Hong Kong che sia attenta, aperta e vibrante, piena di opportunità e armonia”, ha dichiarato nel suo discorso per la vittoria.

L’elezione arriva dopo massicci cambiamenti al sistema elettorale, imposti per garantire che solo chi ha posizioni “patriote” verso Pechino possa arrivare a ricoprire l’incarico. Le modifiche hanno riguardato anche il Parlamento locale, riorganizzato per escludere le voci dell’opposizione. Anche per questo, il futuro governatore avrà probabilmente vita più facile rispetto a chi l’ha preceduto. I cinque anni di mandato di Lam sono stati infatti segnati da massicce proteste pro-democrazia e dalla pesante repressione di ogni dissenso. Inoltre, dalla pandemia del Covid-19, che ha sopraffatto il sistema sanitario. Tutti fattori che hanno contribuito a incrinare la reputazione dell’hub finanziario come centro internazionale e faro delle libertà in stile occidentale in Asia.

“Il sistema elettorale è cambiato. Al Parlamento e nel comitato elettorale non ci sono praticamente politici d’opposizione, lo spettro politico è tutto verso il campo pro-establishment”, ha commentato Ivan Choy, ricercatore all’Università cinese di Hong Kong. “Senza democratici, sarà più facile governare, con meno controlli e contrappesi”, ha aggiunto. Duro il commento dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, sull’elezione: “L’Ue si rammarica di questa violazione dei principi democratici e del pluralismo politico”, “è un ulteriore passo verso lo smantellamento del principio ‘un paese, due sistemi'”.

L’ufficio di collegamento con il governo di Pechino si è congratulato con Lee e ha parlato di voto condotto in modo “equo, giusto e ordinato, in accordo con leggi e regole”. I critici denunciano che la libertà di espressione e assemblea che la Cina aveva promesso per 50 anni a Hong Kong, quando il territorio era stato consegnato dal Regno Unito a Pechino, è svanita. Lo schieramento pro-democrazia dell’hub chiede da tempo il suffragio universale, che afferma sia previsto dalla Costituzione locale, e la rivendicazione è stata anche al centro delle proteste del 2014 e 2019.

Ora, l’arrivo di Lee fa temere a molti un ulteriore giro di vite da parte di Pechino. Lee, infatti, ha lavorato a lungo nella polizia e nell’ufficio sicurezza, con un instancabile sostegno alla legge per la cosiddetta “sicurezza nazionale” imposta nel 2020 per zittire il dissenso. Mentre era segretario alla Sicurezza, nel 2019 contro i dimostranti sono stati usati gas lacrimogeni, proiettili di gomma e arresti. Più di 150 persone sono finite in cella, fra cui quasi tutti i leader delle manifestazioni. Altri sono fuggiti all’estero o hanno optato per il silenzio, intimiditi, mentre migliaia di abitanti – anche stranieri – hanno lasciato la città.

LaPresse

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