CASAL DI PRINCIPE – Referente del clan per la gestione dei rapporti tra affilianti e imprenditori collusi: è il ruolo criminale che gli inquirenti attribuiscono a Dante Apicella alias Damigiana. Una mansione che, secondo la Procura distrettuale di Napoli, ha svolto almeno fino al 2020. A darne prova, hanno ricostruito i magistrati Graziella Arlomede e Antonello Ardituro, la sua relazione con Nicola Schiavone ‘o russ, nato nel 1978, cugino dell’omonimo boss (dal 2018 pentito), primogenito del capoclan Francesco Sandokan. Il 44enne, già ritenuto colpevole per associazione mafiosa nel processo Normandia, era stato scarcerato e sottoposto ai domiciliari nel 2019, per riottenere la piena libertà l’anno successivo. Messosi alle spalle la prigione, ‘o russ avrebbe preteso denaro da parte di imprenditori che in passato avevano effettuato lavori o accordi commerciali con lui e con Apicella (pure già condannato per camorra nel processo Spartacus). E di tali richieste di denaro, Schiavone, hanno tracciato gli investigatori della Dia, ha parlato nel corso di alcuni incontri che aveva avuto anche quando era agli arresti in casa, proprio con Dante e con Pietro Apicella. A loro era stato dato il compito di far chiarezza sulla vicenda. ‘Damigiana’ decise di agire organizzando un vero e proprio summit con alcuni uomini d’affari tutti ritenuti vicini agli Schiavone ed indicati come possibili debitori di ‘o russ. Si tratta dei fratelli Gennaro, Salvatore, Vincenzo, Luigi e Giancarlo Diana, Raffaele D’Alessio, Francesco Petito e i Mangiacapra. Le richieste di denaro di ‘o russ, quindi, in base a quanto documentato dagli agenti della Dia, erano state gestite da Dante e Pietro Apicella e riguardavano la spartizione del denaro di lavori pubblici eseguiti a Casale quando a guidare la cosca era il primogenito di Sandokan. Il summit sarebbe avvenuto in via Marche, il 3 maggio 2019, presso un deposito riconducibile alla società Ludo Appalti. Monitorando questa fase, la Dia è convinta che Dante aveva una vera e propria contabilità delle somme incassate dai cantieri aperti da aziende collegate agli Schiavone. La pretesa di denaro di ‘o russo e il coinvolgimento degli Apicella sono alcuni dei temi dell’indagine che la scorsa settimana ha fatto scattare 35 misure cautelari, mettendo sotto inchiesta complessivamente 66 persone. A firmare l’ordinanza è stato il giudice Giovanna Cervo. In realtà il provvedimento è frutto di due inchieste distinte: una, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, ha acceso i riflettori sui fratelli Nicola ‘o munaciello e Vincenzo ‘o trick, che di cognome pure fanno Schiavone, capaci, secondo l’accusa, di ottenere in nome del clan, appalti, grazie ad una schiera di prestanome, da Rete ferroviaria italiana. L’altra, diretta dalla Dia, avrebbe svelato i business di Dante Apicella, con un ruolo ancora attuale nell’organizzazione mafiosa, e la pattuglia di uomini d’affari a lui vicina che gli avrebbe permesso di continuare a fare business. Nell’elenco dei 66 indagati non compare Nicola Schiavone ‘o russ.
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