Asse Pd-M5S e maggioranza rischia su ex Ilva, Governo ‘salvo’ grazie a FdI

Foto LaPresse / Palazzo Chigi / Filippo Attili Palazzo Chigi, Consiglio dei Ministri

ROMA – La maggioranza traballa di nuovo sui fondi per la decarbonizzazione dell’ex Ilva. Alla Camera, a febbraio, in occasione del decreto Milleproroghe, grazie ai voti di Pd, M5S, Forza Italia e Italia Viva i 150 milioni stanziati dal Governo, derivanti dal patrimonio dei Riva, erano stati dirottati dagli interventi sull’acciaieria alle bonifiche dell’area di Taranto, mandando Mario Draghi su tutte le furie, al punto da salire al Quirinale e ‘strigliare’ i ministri nel corso di un Consiglio dei ministri.

Questa volta il blitz, tentato nottetempo dal M5S nelle commissioni Finanze e Industria del Senato sul decreto legge Taglia-prezzi, fallisce per un soffio. I pentastellati chiedono di mettere ai voti un emendamento a firma di Mario Turco che prevede l’abrogazione della proposta del Governo di trasferire le risorse destinate alle bonifiche all’attività produttiva di Acciaierie d’Italia. La norma ha il parere contrario dell’esecutivo, ma incassa il voto favorevole anche dei senatori Pd e di Leu. Finisce 14 a 14. L’emendamento viene quindi respinto anche grazie all’astensione di Fratelli d’Italia (oltre che di Iv), mentre Lega e Fi votano contro la proposta di modifica, seguendo l’indicazione del Governo.

“Il voto del centrodestra che ha impedito di sopprimere la proposta di trasferimento dei fondi, arriva all’indomani della sentenza della Cedu che evidenzia la mancanza di interventi di bonifica ambientale da parte dello Stato, nel sito produttivo dell’ex Ilva. Si tratta dell’ennesimo schiaffo alla città di Taranto”, lamenta Mario Turco, vicepresidente del M5s. Non la pensa così Matteo Salvini: “Male, a proposito di quelli che non fanno lavorare Draghi. Errare è umano, perseverare è diabolico. È la seconda volta che volta che votano contro le misure per l’ex Ilva. Mi aspetto da Draghi che prenda posizione al rientro dagli Usa perché poi il provvedimento arriva in aula. Sono stati estremamente scorretti”, attacca.

Per il leader della Lega si tratta di “un fatto grave”, anche perché segue il No dei 5Stelle al termovalorizzatore di Roma, e ha a che fare con il dossier energia, chiave in questo momento. Per questo l’ex ministro dell’Interno si aspetta chiarezza quando il premier sarà tornato in Italia dal viaggio a Washington. Sul provvedimento, in particolare, in realtà, il Governo, sarebbe intenzionato ad evitare nuove fibrillazioni in aula mettendo la fiducia, ma la questione politica resta.

“La verità sul blitz dell’emendamento Ilva del M5S al Dl Tagliaprezzi è che i grillini hanno provato a mandare sotto il Governo – accusa il senatore renziano Mauro Marino, capogruppo IV in commissione Finanze a palazzo Madama – Su quell’emendamento c’era il parere contrario del Governo, l’accordo era di non ripresentarlo, ma la smania elettorale è troppa e punta a far fibrillare un governo autorevole come quello di Draghi pur di risalire nei sondaggi. Come sempre, dietro i titoli, che siano sui termovalorizzatori di Roma o sull’Ilva di Taranto c’è davvero poca autenticità da parte del M5S che vanno avanti di bandiera in bandiera, inseguiti talora dal Pd su un terreno sdrucciolevole”.

I dem, che già dopo il voto sul Milleproroghe avevano rassicurato palazzo Chigi sulla volontà di correggere la norma, provano a chiarire. “La scelta di votare a favore dell’emendamento proposto dai 5s sull’Ilva nasce solo dalla volontà di non rompere una alleanza politica che sul territorio tarantino sostiene un candidato a sindaco – spiega Stefano Collina, capogruppo Pd in commissione Industria – Ero consapevole che l’input che avevo dalla capogruppo e dal partito era di votare contro l’emendamento. Di fronte alla forzatura del m5s che ha voluto mettere ai voti un emendamento su cui il governo aveva dato parere contrario e che avevamo bloccato in tutte le riunioni di maggioranza, ho scelto di votare a favore per non spaccare un fronte, convinto che l’emendamento, come poi è avvenuto, sarebbe stato bocciato. Mi assumo la responsabilità della scelta”, mette nero su bianco.

A sera, poi, è direttamente il Nazareno a precisare: “E’ stata una decisione assunta in totale autonomia, anche rispetto alla presidenza del gruppo al Senato, con l’intendimento di non contrapporsi al M5S che insisteva per mettere ai voti l’emendamento, e nella consapevolezza che non sarebbe passato. Il Partito Democratico, come sostenuto costantemente nelle riunioni di maggioranza – è la sottolineatura – ritiene positiva la soluzione adottata dal governo”.(LaPresse)

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