STRASBURGO (FRANCIA) – E’ il momento di aprire alla riforma dei Trattati, a togliere l’unanimità e pensare alla creazione di un nuovo soggetto più ampio dell’Ue. La spinta arriva dalle più altre istituzioni Ue riunite nella Giornata dell’Europa a Strasburgo e in particolare dal presidente francese, Emmanuel Macron, fresco di nuovo giuramento e presidente di turno del Consiglio dell’Ue. L’occasione è stata la cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa, un esperimento di democrazia partecipativa che ha prodotto 49 proposte per l’Ue e che ora dovranno essere vagliate dalla Commissione e dal Consiglio.
A settembre ci saranno le prime risposte, ha fatto sapere Ursula von der Leyen, alcune di esse potrebbero richiedere la modifica dei Trattati sul funzionamento dell’Ue. Quanto basta per riaprire un tema che era sopito da tempo e accantonato dal 2007, con la firma del Trattato di Lisbona e che ora torna alla ribalta nell’Europa scossa dal Covid e dalla guerra. Grandi conquiste sono state raggiunte anche con le regole attuali, dalla risposta alla pandemia con l’acquisto dei vaccini, al Next Generation Eu, ma il meccanismo dell’unanimità su certe scelte rallenta e ostacola la politica dell’Ue e lo si vede in questi giorni con il protrarsi delle trattative per l’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia.
“Un’Europa a più velocità, esiste già”, rileva Macron, l’intenzione del meccanismo a maggioranza non deve essere quella escludere qualcuno, “ma non dobbiamo nemmeno lasciare che i più scettici blocchino tutto”. E questa distinzione, precondizione dell’efficacia necessaria per competere con le potenze mondiali, “è fedele alla nostra storia”, appartiene a Jacques Delors e ai padri fondatori. Una proposta che solo la scorsa settimana nella stessa aula era stata lanciata dal premier Draghi. Stesso appello è arrivato dalla numero Uno della Commissione europea, secondo cui “il voto all’unanimità in alcune aree chiave semplicemente non ha più senso se vogliamo essere in grado di muoverci più velocemente”.
Resta il fatto che per cambiare i Trattati serve sempre l’unanimità che si vuole eliminare e che toglierebbe voce in capitolo e il potere di veto proprio a quei paesi più riluttanti nell’integrazione europea. E’ pur vero, si fa notare, che anche in situazioni in salita, come quella che ha portato alla nascita del più grande piano di finanziamento e debito comune che è il Next Generation Eu, si è riusciti a trovare a la quadro. E i paesi più grandi e influenti potrebbero fare da traino. Ma non basta.
Il presidente Macron si è sbilanciato nel proporre un nuovo soggetto, più ampio dell’Unione europea, che possa accogliere tutti quei paesi che guardano a Bruxelles come punto di riferimento. L’ha chiamato ‘comunità politica europea’, una “nuova organizzazione europea” che “consentirebbe alle nazioni europee democratiche che aderiscono al nostro insieme di valori di trovare un nuovo spazio di cooperazione politica, sicurezza, cooperazione nel campo dell’energia, dei trasporti, degli investimenti, delle infrastrutture, della circolazione delle persone e in particolare dei nostri giovani”.
D’altronde, è il ragionamento dell’inquilino dell’Eliseo, altri organismi esistono già, sia al di fuori dell’Ue, come il Consiglio d’Europa che dopo l’espulsione della Russia raduna 46 paesi, sia all’interno con livelli differenziati, come i paesi della zona euro e quelli di Schengen. Già nel 1989, il presidente François Mitterand aveva aperto questa riflessione mentre l’Unione sovietica stava cadendo proponendo la creazione di una confederazione europea per gli Stati usciti dal giogo dell’Unione sovietica, “probabilmente era troppo presto”, afferma Macron, ma ora è nostro dovere porci questa domanda “su come organizzare l’Europa da un punto di vista politico e più ampio dell’Unione europea”.
Anche perché per l’adesione dell’Ucraina, che nei fatti è già sul percorso europeo, ci vorranno anni, se non decenni, sottolinea. Mentre questo organismo permetterebbe una collaborazione più immediata, senza escludere la possibilità per i paesi che ne fanno parte di accedere all’Ue in un secondo tempo. Forme di collaborazione extra Ue non mancano: c’è il See, lo spazio economico europeo, di cui fanno parte Norvegia, Islanda e Liechtenstein, e l’Efta, di cui fa parte la Svizzera.
L’idea di una confederazione con gli otto paesi dell’Est che vorrebbero entrare a far parte dell’Ue era stata lanciata anche dal segretario del Pd, Enrico Letta. Intanto, la presidente von der Leyen, dopo una videochiamata con il presidente Zelensky, ha fatto sapere che a giugno verrà data la valutazione per la richiesta di adesione dell’Ucraina, ma, come ha detto Macron, anche con lo status di candidato serviranno anni, perché ci sono tutte le riforme da fare.
Al Consiglio europeo di giugno, invece, si aprirà il dibattito sulla revisione dei Trattati. Oggi 13 paesi hanno già detto di non volerne sapere di intraprendere “tentativi sconsiderati e prematuri”, ma “dobbiamo pensare e progettare un’Europa unita come se ogni giorno fosse possibile crearla subito, rifiutando la stanchezza di chi la rimanda sempre a domani”, ha scandito von der Leyen citando Ursula Hirschmann, la politica antifascista che sognò un’Europa federale assieme ad Altiero Spinelli.(LaPresse)