WASHINGTON (USA) – Dopo 224 briefing nell’angusta ma iconica sala stampa, migliaia di risposte puntuali, a volte puntute e in qualche caso perfide, si è chiusa quella che i media Usa definiscono ormai “l’era di Jen Psaki”. La portavoce della Casa Bianca, con il briefing di venerdì, più affollato del solito, ha chiuso la sua esperienza con l’amministrazione Biden, della quale è stata, nei circa 500 giorni dall’insediamento, uno dei volti più rappresentativi.
Per dare un’idea dello sforzo profuso da Psaki – 43enne madre di due figli di 6 e 4 anni, ex portavoce del dipartimento di Stato ed ex direttrice della comunicazione nell’amministrazione Obama – basti dire che il suo record di briefing quotidiani supera ampiamente il totale (205) raggiunto dai quattro portavoce che si sono succeduti nelle varie fasi della precedente amministrazione Trump.
Presentandosi ai giornalisti nel suo primo briefing, a poche ore dall’insediamento di Joe Biden, il 20 gennaio del 2020, Psaki chiarì l’importanza di “riportare la verità e la trasparenza all’interno della sala stampa” della Casa Bianca. Ma fu qualche giorno dopo, con una risposta a una domanda relativa all’ex presidente repubblicano, che Psaki precisò meglio il piglio con il quale avrebbe affrontato il suo confronto quotidiano con i giornalisti.
A chi le chiedeva se la messa al bando da Twitter di Donald Trump avesse reso più facile la vita al neo presidente Biden, Psaki replicò: “Qui non dedichiamo molto tempo a parlare del presidente Trump o a pensare a lui”. E poi aggiunse, con una certa enfasi: “L’ex presidente Trump”. Il ‘fenomeno Psaki’ ha dato vita a una sorta di culto sui social media e, tra gli altri, a un hashtag, #Psakibomb, che su TikTok ha totalizzato oltre 22 milioni di visualizzazioni.
Non tutti la amano o l’hanno amata, naturalmente. A cominciare dai repubblicani, che si sono sentiti particolarmente offesi quando l’ormai ex portavoce della Casa Bianca ha paragonato i sostenitori di Trump che credevano alle teorie cospirazioniste sulle elezioni del 2020 a dei “lemming silenziosi”, piccoli roditori che non brillano per intelligenza. Nel suo ultimo briefing, al momento dei ringraziamenti e dei saluti, Psaki ha abbandonato il consueto piglio deciso che l’ha accompagnata in migliaia di botta e risposta con i giornalisti, e si è commossa.
Ha ripetuto le parole pronunciate all’inizio della sua esperienza alla Casa Bianca, ricordando quando, subito dopo la vittoria elettorale, andò, “nervosa”, a trovare Joe Biden e la moglie Jill nel quartier generale in Deleware per ricevere l’incarico dal presidente eletto: “Era importante riportare rispetto e integrità alla Casa Bianca”. E, ha aggiunto, “spero di avere seguito l’esempio di compostezza e integrità” dei Biden. Psaki non ha smentito le indiscrezioni secondo le quali, dopo la Casa Bianca, approderà all’emittente MSNBC, particolarmente vicina alle posizioni di questa amministrazione.
A succederle, come annunciato nei giorni scorsi, sarà la sua vice, Karine Jean-Pierre, la prima donna afroamericana dichiaratamente Lgbtq ad assumere il ruolo di portavoce. Questo, in un momento in cui la presidenza Biden si trova ad affrontare la guerra contro l’inflazione galoppante e, soprattutto, quella in Ucraina, e mentre il Partito democratico ha davanti a sé la prospettiva di una sconfitta pesante nelle elezioni di midterm di novembre, che potrebbero fargli perdere il controllo del Congresso. Comunque vadano le prossime settimane e mesi, Jean-Pierre dovrà sostenere un confronto impegnativo con la sua ex capa.(LaPresse)