ROMA (Loredana Lerose) – Il fine settimana non ha portato consiglio, nessuna svolta sul fronte accordi per la composizione del nuovo governo. Ancora oggi, il leader della Lega Matteo Salvini si trova a dover ripetere le stesse cose in merito all’ipotesi di un esecutivo targato centrodestra-M5S. “Noi siamo pronti da settimane – ha sostenuto – Se tutti avessero la nostra disponibilità a cominciare a lavorare, il governo sarebbe già in carica. Purtroppo ci sono da quasi tutte le parti veti, bisticci, polemiche, litigi, esclusioni, preclusioni, cosa che noi non facciamo”. Ma niente da fare, il candidato premier per il M5S Luigi Di Maio non sembra intenzionato a ‘mordersi la lingua’ rispetto a Forza Italia e a Silvio Berlusconi tornando a dire che il centrodestra unito sarebbe un danno per il Paese. Che fine ha fatto il rispetto del voto dei cittadini? Il primo a chiederselo è proprio Salvini. Stando ai fatti è lecito dubitare del fatto che tanto i grillini quanto berlusconiani, meloniani e salviniani non siano convinti di voler andare al governo. In una fase tanto delicata per il Paese, prendersi la responsabilità di guidarlo senza rischiare di bruciarsi è un atto di coraggio che non sembra interessargli. Tant’è che la strada verso un governo del presidente sembra sempre più vicina. Una soluzione che dovrebbe essere temporanea, almeno nella testa dei più votati lo scorso 4 marzo, per portare ad un aggiustamento della legge elettorale, con tanto di premio di maggioranza, in modo da tornare al voto in tempi stretti e ottenere pieno mandato dai cittadini. Salvini non può sacrificare la leadership, appena conquistata, del centrodestra (solo con i voti della Lega non può ambire ad essere premier) per assecondare le richieste di Di Maio che non vuole un governo con Fi. Allo stesso tempo questo non può cedere di un millimetro rispetto a tale posizione per evitare di perdere i consensi costruiti negli anni all’opposizione, negli anni di battaglie contro il cavaliere, e non solo. Già l’apertura al Pd ha fatto storcere il naso a molti militanti del Movimento. La palla resta al centro, la partita per il governo è tutta da giocare, ma se non si cambia atteggiamento il continuo pareggio, senza un vincitore acclarato rischia di bloccare il Paese, almeno fino a quando non sarà il capo dello Stato Sergio Mattarella ad entrare in partita. A lui è concesso anche un intervento a gamba tesa, alle forze politiche negata ogni postuma lamentela.