ROMA – Sulla questione del pagamento del gas russo l’Unione europea è al bivio: vietare esplicitamente l’apertura di conti in rubli attivati da “circa la metà dei clienti di Gazprom” – stando a quanto riferito ieri dal vice primo ministro russo, Alexander Novak – creando però una serie di problematiche interne, a livello giuridico e politico. Oppure, rimanere in una sorta di limbo legale, che mette gli Stati europei e le rispettive società importatrici davanti all’incognita di incorrere in una violazione delle sanzioni europee contro la Russia. Un impasse difficile, costruito nelle zone d’ombra del diritto, che divide gli esperti sui suoi possibili sviluppi: Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), sostiene che “la probabilità che la Commissione vieti esplicitamente l’apertura del conto in rubli è bassissima. Anche Timmermans dovrà fare un passo indietro”, mentre per il professor Carlo Curti Gialdino, docente di diritto dell’Unione Europea della Sapienza di Roma, “nell’aggiornamento delle linee guida la situazione verrà messa nero su bianco ed è plausibile che si vada verso un effettivo divieto”.
La Commissione, ad oggi, non ha ancora espresso un parere legale definitivo sulla questione, quindi per ora non si può ancora dire se l’apertura di un conto in rubli sia una violazione oppure no. Questo è il punto di partenza, come osservano entrambi gli specialisti. Da qui, il problema “tecnico”, centrato sulla definizione di ‘pagamento’. “Le aziende europee dicono che è Gazprombank ad aver aperto loro un conto in rubli per ottemperare ad un decreto del governo russo. Non lo hanno legalmente aperto loro stesse”. Quindi per le società come Eni, “il pagamento si effettua in euro e si conclude in quel momento. La trasformazione in rubli è un’operazione svolta dall’istituto di credito, non da loro”, spiega il ricercatore dell’Ispi. Teoricamente, dunque, non c’è un’effettiva violazione delle misure europee. Dall’altra parte, “per il Cremlino invece il versamento in euro corrisponde ad un trasferimento di fondi: il pagamento si perfeziona quando viene effettuato il cambio in rubli”, tutelando in questo modo la Russia dagli effetti delle sanzioni. “È un compromesso: dal punto di vista legale c’è una zona d’ombra, dal punto di vista pratico il pagamento, alla fine, viene effettuato”, sottolinea Villa. Stessa tesi fornisce il professore dell’ateneo romano, che definisce la manovra “un artificio, una pratica non lineare”.
I due studiosi però divergono sulle conclusioni. Per Villa questo è un paradosso di fronte a cui rimarremo per molto tempo, dal momento che non sembrano esserci alternative. Nel caso in cui la Commissione si esprimesse definitivamente contro i conti in rubli e uno Stato o l’azienda di uno Stato rifiutassero di chiuderlo, si attiverebbe contro di loro la procedura di infrazione. Ma questo costituirebbe “un problema politico interno”. E sarebbe anche poco risolutivo, osserva Villa, “perché o lo Stato pagherebbe la multa, comunque inferiore rispetto al danno che subirebbe chiudendo il conto in rubli e quindi bloccando il gas russo, oppure si finirebbe davanti alla corte di Lussemburgo, che significa anni di dibattimento ed esito incerto della sentenza”. Altra la posizione di Curti Gialdino, per cui se con le prime linee guida la Commissione non si era espressa nitidamente “ora siamo al secondo round: nell’aggiornamento la situazione verrà messa nero su bianco” andando così verso un ‘no’ chiaro. E sul rischio che si apra una procedura di infrazione a fronte di eventuali frizioni interne, dice: “È chiaro, la Commissione non starà con la lente di ingrandimento, si tratta di un’operazione lunga e complessa e c’è di mezzo la questione dell’approvvigionamento del gas”.
In gioco ci sono, da un lato, la coerenza della linea europea rispetto all’aggressione russa dell’Ucraina, dall’altro interessi politici ed economici effettivi, perché il processo di affrancamento dalle forniture russe necessita di tempo. Questa situazione di stallo, per Villa, è figlia di una mancata coesione europea: “Il doppio conto è arrivato come possibile compromesso, perché Putin ha chiesto una cosa difficile. Ma ha messo l’Ue di fronte alle proprie contraddizioni sul gas. Adesso aprire un conto in rubli è l’unico modo per continuare a pagare. Se noi europei ci fossimo presentati compatti, Putin sarebbe stato costretto a svelare il proprio bluff. Ma – conclude – non è stato così e l’Europa ha fatto una figuraccia politica”.
di Martina Regis