Governo: Letta-Salvini uniti, stop larghe intese nel 2023. Calenda-Renzi non escludono Draghi bis

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse Nella foto: Enrico Letta PD, Matteo Salvini, Lega

ROMA – Tra Letta e Salvini è separazione consensuale. E non poteva essere altrimenti. Per la prima volta da mesi i due leader – di Pd e Lega – si trovano d’accordo e, quasi all’unisono, concordano che con il voto del 2023 terminerà il governo delle larghe intese. Entrambi in campagna elettorale, ma a distanza di chilometri – il leader Dem è a Jesi (Ancona), mentre il capitano a Lignano Sabbiadoro (Udine) – consegnano ai cronisti lo stop all’attuale esperienza di palazzo Chigi.

“Il governo di responsabilità nazionale non è una possibilità nel 2023. Altri governi con il Pd, passata l’epidemia e finita la guerra, non ce ne saranno più”, assicura Salvini marcando le distanze con il Nazareno per idee e programmi: “Tassa patrimoniale, Ius soli e ddl Zan. Noi vogliamo lavoro, lavoro, lavoro, quindi flat tax, pace fiscale, taglio delle tasse, la difesa della famiglia fondata sulla mamma, sul papà e sui bambini e non su altre cose”. Stesso tenore quello di Letta: “Il governo delle larghe intese termina con questo Parlamento” lo stare insieme “con le destre è qualcosa di eccezionale che non si ripeterà”.

A una settimana dall’apertura delle urne – con 978 i Comuni chiamati al voto: 142 oltre i 15 mila abitanti, 26 i capoluoghi di provincia tra cui 4 di Regione (Genova, Catanzaro, L’Aquila e Palermo) – i leader di partito difendono la propria connotazione politica, che l’esecutivo dei ‘migliori’ potrebbe aver fatto perdere all’elettorato. “Tutte balle”, taglia corto Carlo Calenda commentando la fine del sodalizio forzato tra Salvini e Letta, “dicevano questa cosa anche prima di questa legislatura. Cercano di militarizzare l’elettorato”.

Il segretario di Azione non ha peli sulla lingua e il suo progetto di terzo polo è alla luce del sole. L’auspicio, forse meglio l’obiettivo, è quello che ci sia “un governo Draghi dopo Draghi perché non ci sono altre soluzioni, la sinistra e la destra non sono in grado di governare per diversi motivi”. Sulla stessa lunghezza d’onda Matteo Renzi, che non esclude il bis dell’attuale premier, ma frena: “Manca un anno e parlarne ora è tempo perso: le evoluzioni della politica sono troppe rapide”. Tra le variabili – e quindi torniamo alle prossime amministrative – il bottino di voti che ogni partito porterà a casa a conclusione della tornata elettorale, bottino che indirizzerà – ovviamente – anche il parlamento sul sistema del voto nel 2023.

Intanto sul fronte Ucraina – non quello belligerante – è arrivato il passo indietro di Salvini sul viaggio a Mosca: “Preso atto delle reazioni scomposte dei colleghi di governo, mi sono confrontato con i vertici della Lega e abbiamo convenuto di imboccare altre strade”. Il segretario di via Bellerio non abbassa i toni, è ancora convinto di poter in qualche modo ‘intervenire’ a difesa della pace e per il cessato il fuoco. Lo farà, tuttavia, dal suo Paese. E il ripensamento è arrivato – fanno notare fonti leghiste – dopo il confronto con i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, i cui silenzi sulla vicenda e soprattutto sugli equilibri fragili all’interno del partito hanno pesato come macigni.

Le polemiche tuttavia non si placano. Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, “Salvini attaccherebbe anche i suoi ministri pur di varare un nuovo slogan in campagna elettorale”. Mentre Letta bolla il viaggio a Mosca come “una iniziativa improvvida, totalmente sbalestrata” che ha “rappresentato un punto di grandissima debolezza perché racconta di un’Italia non credibile, divisa”. “Per fortuna – ironizza Calenda – da un lato ci sono persone che governano, gli adulti, come Draghi e Mattarella, dall’altra ci sono i bambini che giocano, come Salvini. Non possiamo essere ostaggi di uno che non sa che fare la mattina quando si alza”, il colpo di fioretto.(LaPresse)

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