BRUXELLES – Il Parlamento europeo chiede ufficialmente di avviare la modifica dei Trattati Ue. E il dibattito entrerà quasi sicuramente nell’agenda del prossimo Consiglio europeo. Quello che fino a poco fa era un quasi un tema taboo, ovvero toccare le regole e le fondamenta dell’Unione europea, è tornato alla ribalta dopo le conclusioni del più grande esempio di democrazia partecipata che è stata la Conferenza sul futuro dell’Europa.
Con una risoluzione, adottata con 420 voti favorevoli, 117 contrari e 35 astensioni, il Parlamento europeo ha chiesto di cambiare le regole del gioco introducendo per l’Eurocamera il diritto di avviare, modificare o revocare la legislazione, nonché i pieni diritti di colegislatore sul bilancio Ue, rafforzare la procedura di tutela dei valori fondanti dell’Unione e chiarire la definizione e le conseguenze delle violazioni (anche qui il riferimento è alla procedura dell’articolo 7 in cui è coinvolta l’Ungheria).
Deputati chiedono poi di riformare le procedure di voto in seno al Consiglio per migliorare la capacità di azione dell’Unione europea, incluso il passaggio dall’unanimità del voto al voto a maggioranza qualificata in ambiti quali le sanzioni e di adattare le competenze dell’Ue, soprattutto nei settori della salute e delle minacce sanitarie transfrontaliere, nel completamento dell’unione energetica basata sull’efficienza e sulle energie rinnovabili, nella difesa e nelle politiche sociali ed economiche.
Insomma, non si tratta solo di dare, al pari degli altri parlamenti nazionali, il potere di iniziativa all’Europarlamento, che ora spetta alla Commissione – un tema molto caro all’ex presidente Sassoli – ma di superare il meccanismo del voto all’unanimità nei campi dove è previsto, in particolare nella politica estera. Il limite del potere di veto affidato ai singoli Stati lo si è visto in modo lampante nell’approvazione dell’ultimo pacchetto di sanzioni. Un travaglio lungo un mese scandito dalle minacce di veto dell’Ungheria.
Spetterà ai capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri, in occasione del Consiglio europeo, decidere se istituire una Convenzione, a maggioranza semplice, che potrebbe essere composta da deputati europei, commissari, parlamentari nazionali e i leader dell’Ue. Molti deputati hanno chiesto che ciò avvenga al più presto, ovvero al vertice dell’Ue del 23 e 24 giugno. Prima dovrebbe arrivare l’atteso pronunciamento della Commissione europea su come intende dare seguito alla Conferenza sul futuro dell’Europa.
La presidenza francese del Consiglio Ue ha ribadito la sua disponibilità ad aprire il dibattito, dopo lo storico annuncio sulla riforma dei trattati fatto da Macron il 9 maggio, nella cerimonia conclusiva della Conferenza sul futuro dell’Europa. “Siamo a favore dell’idea di una convenzione e riteniamo che la modifica dei Trattati” sia “una delle possibilità da valutare per tutte le modifiche che potrebbero essere necessarie”, ha rimarcato il ministro per gli Affari europei francese, Clément Beaune.
Il 21 giugno il prossimo Consiglio Affari generali discuterà sull’agenda del vertice dei leader di fine mese e si saprà meglio come gli Stati vorranno procedere. I più in Europa, e di certo tutto il fronte europeista, pensa che sia arrivato il momento di rivedere le regole e varare finalmente l’Europa a due velocità”. Per il fronte sovranista, invece, “eliminare l’unanimità metterebbe a repentaglio la sovranità degli Stati membri perché consentirebbe la creazione di alleanze di blocco fra Paesi”, per dirla con l’europarlamentare della Lega Antonio Maria Rinaldi.
Dall’ultimo Trattato approvato, quello di Lisbona nel 2007, il tema revisione era stato accantonato, complici le varie crisi che hanno travolto il Continente. Ora, visti i limiti del sistema, è proprio l’ultima crisi a spingere verso un nuovo assetto. Anche per cambiare i Trattati serve l’unanimità e un sì dell’Ungheria, ad esempio, sarebbe al momento impensabile. Tuttavia, la storia europea è costellata di eccezioni e scappatoie, bisogna solo stabilire il prezzo da pagare.(LaPresse)