ROMA – Nel centrosinistra il vincitore è un campo largo che ancora non esiste. Il voto per le le amministrative sembra confermare la necessità di costruire un’ampia alleanza progressista, che vada oltre l’intesa Pd-M5S e apra ad Azione di Carlo Calenda e alle altre forze moderate. Unico modo per sperare di battere alle politiche del 2023 un centrodestra che, unito, si rivela vincente. I risultati confermano i dem come primo partito, ma i cinque stelle restano al palo, mentre cresce la componente centrista, la stessa che vuole far fuori i pentastellati dalle alleanze future.
Dal voto insomma spinge il leader del Nazareno Enrico Letta alla costruzione di “un centrosinistra, un campo progressista, attorno al Partito democratico”, dice, perché è “l’unico argine per evitare la vittoria delle destre nel nostro paese”. Il dato più importante “è che il Partito democratico è il primo partito d’Italia”, secondo il segretario dem, il cui giudizio “è decisamente positivo”, perché “già al primo turno sono arrivate tre vittorie importanti a Taranto, Padova e Lodi. Quello che già oggi emerge è che il centro-sinistra vince quando è unito”.
Letta segue lo spoglio da Parigi, dove resterà fino a domani mattina per un seminario internazionale, non si mostra ai giornalisti ma dal suo staff assicurano: “Il segretario ci sarà per i ballottaggi. La squadra dei nostri dirigenti è di grande qualità, non c’è un uomo solo al comando ma una comunità autorevole e compatta”. E infatti nella ‘war room’ del Pd si sorride – come dimostra il selfie che ritrae lo stato maggiore dem (Francesco Boccia, il vicesegretario Peppe Provenzano e le capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi) particolarmente soddisfatto.
Se il centrosinistra è avanti anche a Verona, bruciano però le sconfitte pesanti a Genova, L’Aquila e Palermo. E soprattutto preoccupa il tonfo del Movimento 5 Stelle, che non galleggi tra il 5% e 8%, con numeri anche inferiori al nord. Il leader pentastellato Giuseppe Conte non si nasconde e ammette la sconfitta: “Dichiaro molto espressamente che i dati che emergono non ci soddisfano”, afferma in una conferenza stampa nella sede del partito a Roma, pur sottolineando che “le amministrative sono state sempre un tabù per il Movimento 5 Stelle. È un dato costante”.
Tuttavia non si nasconde: “La risposta che mi sono dato, rispetto all’incapacità di intercettare la sofferenza di molte persone, è che il M5s non riesce a stare sui territori”, perché “siamo in ritardo al punto che non abbiamo ancora costituito i comitati territoriali”. La colpa è di “alcune resistenze interne, anche durante le elezioni per il Quirinale”, aggiunge Conte alludendo alle tensioni con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che “hanno rallentato la nostra azione, così come fattori esogeni come la vicenda del ricorso al Tribunale di Napoli”. Ma non si dà per vinto e rilancia: “Dobbiamo ripartire con umiltà, rimboccarci le maniche e ripartire dalla forza dei nostri principi e valori”, rilancia, annunciando che domani pomeriggio presenterà “il futuro percorso politico del M5S e l’organizzazione interna anche territoriale”.
Al futuro della coalizione progressista il capo politico del M5S dedica invece poche parole: “Io parlo sempre non di alleanza strategica ma di un dialogo con il Pd” e “qualsiasi giudizio sul percorso futuro e su un’azione congiunta non può essere compromesso da questa tornata elettorale”. A fargli sentire il fiato sul collo sono invece Carlo Calenda e Matteo Renzi, che sottolineano il flop dei cinque stelle e incalzano Letta. “È nato un terzo polo”, che “è un “partito fondato sul civismo, è un’area del pragmatismo, della civiltà, di chi si è rotto le scatole della sinistra e dei 5 Stelle che dicono di no a tutto”, affonda il leader di Azione, che manda un messaggio al segretario dem: “Enrico, ‘argine alle destre’ non è una proposta politica. E dopo una legislatura dove tutti si sono alleati con tutti e Salvini ha governato con il tuo alleato Conte, è davvero poco credibile”.
Ancor più duro Renzi: “Il grillismo è finito, con le liste di Conte che fanno il 5% a Genova, il 4% a Taranto oppure l’1% a Padova”, attacca il leader di Iv, e “se fossi ancora un dirigente del Pd, mi porrei il tema di fare un’alleanza col centro riformista anziché coi grillini. Staremo a vedere”. Già, vedremo se Letta riuscirà, in pochi mesi, a costruire quel campo largo che spera. E che, come è evidente, non esiste ancora.