Maddaloni, un ex candidato: chiesi 30 euro per un voto

MADDALONI (Renato Casella) Dichiarazioni clamorose (ma non utilizzabili penalmente) da un testimone della difesa nel corso del processo per corruzione elettorale (con l’aggravante dell’articolo 7) che vede imputati a vario titolo, fra gli altri, il sindaco Andrea De Filippo e l’ex consigliere comunale (nonché funzionario del Municipio) Enrico Pisani. Nell’ultima udienza ha deposto Francesco Brancaccio, già candidato nel 2017 nella lista “Maddaloni libera” che sosteneva De Filippo. L’episodio è però riferito alla successiva tornata elettorale, quella del 2018, nella quale Brancaccio non era in corsa. L’ex candidato ha dichiarato al presidente della sezione penale Caparco di aver chiesto a Giovanni Esposito (fratello dell’ex consigliera Teresa Esposito e imputato con lei in questo processo) il pagamento di 30 euro in cambio del proprio voto. Esposito avrebbe rifiutato, dicendogli che era “pazzo” a fare un’offerta del genere. A questo punto il presidente ha avvisato Brancaccio che queste affermazioni avrebbero potuto portare alla sua incriminazione, per cui aveva diritto a essere assistito da un avvocato o a sospendere la deposizione. Il teste ha scelto la seconda possibilità. Nella prossima udienza, in programma a ottobre, saranno sentiti gli ultimi testimoni e a seguire De Filippo e Pisani saranno sottoposti, su richiesta dei loro difensori, a interrogatorio. 

Sono imputati anche l’imprenditore del settore del gas Salvatore Esposito (della Medigas), i fratelli Eduardo e Teresa Esposito oltre alla madre dei tre, Carmela Di Caprio. Si tratta della famiglia del boss Antonio Esposito, detto ‘o saponaro, L’indagine riguarda le elezioni comunali in cui Teresa Esposito, candidata con la lista ‘Orientiamo Maddaloni’, pur riportando 298 preferenze personali non è stata eletta. Fra l’altro, avrebbe offerto 20 euro a un non meglio specificato “Gaetano” in cambio del voto. La mancata elezione avrebbe fatto scattare la reazione della famiglia Esposito che avrebbe avviato la “caccia” a chi nel segreto dell’urna non aveva votato la candidata. Il futuro primo cittadino, secondo gli inquirenti, avrebbe promesso controlli ‘vessatori’ in una ditta di distribuzione gas per ottenere un pacchetto di voti da un altro imprenditore, dello stesso settore, che in cambio delle preferenze dei suoi dipendenti voleva indebolire la concorrenza. Nel collegio difensivo gli avvocati Mario Corsiero, Dezio Ferraro, Franco Liguori.

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