Università di San Francisco: “Gli smartphone portano a una condizione di semi-tasking”

Foto LaPresse - AFP PHOTO / Alexander NEMENOV

ROMA (Alfredo Stella) – Quando si parla di dipendenza, il pensiero vola subito alle droghe. Ma esistono tipi di dipendenza altrettanto nocivi. Fumo, alcol, ma non solo. Una delle ‘droghe’ che oggi attanagliano giovani e adulti è il telefonino. Lo smartphone, infatti, permette di rimanere in contatto con il mondo sempre e comunque creando dipendenza: chat, messaggi, mail bombardano letteralmente l’individuo legandolo a se con sempre maggiore insistenza. E’ quanto proviene da uno studio pubblicato su NeuroRegulation.  “La dipendenza dall’uso di smartphone –  spiega Erik Peper, professore di educazione alla salute presso l’Università di San Francisco – inizia a formare connessioni neurologiche nel cervello in modo simile a quelle che si sviluppano in coloro che acquisiscono una dipendenza da farmaci oppioidi per alleviare il dolore. In un sondaggio condotto su 135 studenti ha scoperto che chi utilizzava continuamente i telefoni, ovvero sostituiva l’interazione faccia a faccia con una comunicazione in cui il linguaggio del corpo non può essere interpretato, aveva più elevati livelli di senso di isolamento, depressione e ansia. Quegli stessi studenti erano propensi, mentre studiavano e mangiavano, a guardare smartphone in una condizione di ‘semi-tasking’, in cui si svolgono più compiti insieme ma si ottiene la metà del risultato che si otterrebbe focalizzandosi su uno alla volta. Il motivo? Gli smartphone ci fanno sentire obbligati a guardarli perché attivano gli stessi percorsi neuronali nel nostro cervello che una volta ci avvisavano di un pericolo imminente, come l’attacco di un predatore. Ma ora – conclude Peper – siamo dirottati, dagli stessi meccanismi che una volta ci proteggevano, verso le informazioni più banali”.

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