NAPOLI (Francesco Foco) – Al Cardarelli è stato superato il punto di non ritorno. Nell’ambito del pronto soccorso del più grande ospedale del Sud c’è una ‘stanza segreta’, una gattabuia dove da circa sette giorni vengono stipati in barella i pazienti in codice verde. E’ la nuova frontiera della vergogna, la pezza a colori dei manager aziendali per evitare (senza successo) di finire sui giornali. Peggio del terzo mondo. Nel complesso, la situazione del nosocomio partenopeo merita l’intervento immediato del governo nazionale. Vediamo perché.
La ‘stanza segreta’ ribattezzata Acquario
Pittura gialla, soffitto basso, grandi vetrate chiuse. E’ l’ex sala d’attesa dei pazienti del pronto soccorso del Cardarelli, è il luogo scelto dai dirigenti per piazzare altre barelle. Viene chiamata “acquario” dagli infermieri, non è una stanza adibita alla cura. Non ci sono bocchettoni per l’ossigeno né tantomeno uscite d’emergenza, mancano i campanelli per chiamare il personale. Così come l’ormai celebre salone adiacente ai reparti di Osservazione breve intensiva, da un po’ di tempo viene utilizzata per stipare degenti in codice verde. Ovviamente su barelle: ma le immagini parlano più delle parole. E’ questo il tentativo disperato dei manager del Cardarelli per “risolvere” il problema delle barelle in corridoio. Spostarne qualcuna in una stanza segreta, piantonata da ben quattro guardie giurate. Ed è questo il motivo, dunque, che fa sembrare leggermente meno affollato il salone accanto agli Obi: ne hanno aperto un altro più tetro, meno attrezzato, addirittura peggiore con l’intento di non finire sui giornali. Uno scandalo nazionale.
Pronto Soccorso ‘Blob’, si allarga ogni giorno
La crisi del Ps è ormai strutturale, l’emergenza ha superato di gran lunga le soglie di massima attenzione. Ieri, così come nell’ultimo mese, il salone adiacente gli Obi era pieno di poveri pazienti ricoverati per ore o giorni su barelle. Non è un reparto adibito alla cura, bisogna sempre ricordarlo. E non c’è privacy, non c’è distanziamento, c’è promiscuità. Insomma, un carnaio infernale. Ci sono pazienti ammassati anche nel Triage, le foto sono sconcertanti. E così il Ps si allarga come un Blob, si inventano nuove stanze-lazzaretti ma il numero di barelle e pazienti resta invariato.
Poco personale, dramma Covid
Chi lavora in queste condizioni non è uno dei colpevoli, è un eroe. Parliamo di infermieri e operatori socio sanitari. Ad ogni turno ci sono solo 10-11 infermieri e 4-5 Oss. Un numero risicato per il numero di pazienti. E il loro carico di lavoro (che poi incide sulla qualità dell’assistenza) aumenta con l’aumentare delle stanze, più che personale infermieristico sono atleti da staffetta ormai. Incredibile la situazione dell’area Covid del pronto soccorso. I pazienti positivi vengono messi in una stanza dedicata, ovvero gli ex locali del drappello di polizia. Sulla carta ci sono 3 posti letto attivi, che diventano 5. Dal sesto caso in poi, i pazienti vengono parcheggiati nella prima sala attigua, dedicata normalmente al pronto soccorso ortopedico. Si può arrivare, così, a tenere 10-11 degenti in cura. Ma dal 12esimo in poi? Che succede? Speriamo che non si ricorra ancora a paraventi e separé. Nell’area Covid ogni giorno lavora uno, massimo due infermieri. Che teoricamente, fatte 3 ore con le tute speciali non traspiranti, avrebbero diritto a fermarsi e passare a ruoli amministrativi fino al termine della giornata. Invece, dopo una decina di minuti di pausa per asciugare il sudore, vengono rispediti sul fronte dell’assistenza ordinaria. Una vergogna.
Chi paga? Mai nessuno
Nessuno si assume responsabilità. Dal bed manager Ciro Coppola alla primaria Raffaella Paladino, nessuno ha mai colpe. Nessuno richiama l’attenzione di Vincenzo De Luca. La politica, si sa, non deve essere disturbata. Basta nascondere le inefficienze, non risolverle. Inizia a diventare, infine, assordante il silenzio del sindaco Gaetano Manfredi, massima autorità sanitaria di Napoli: in quell’inferno sono ricoverati i napoletani.