VILLA LITERNO (Antonio Casapulla) – Dopo 19 anni di carcere il boss Massimo Ucciero è tornato in paese. E’ considerato dalla Dda di Napoli il capoclan dei Casalesi in città. A 17 anni rincorse a piedi Raffaele Di Fraia, custode dei Regi Lagni. Imbracciava un kalashnikov e fece fuoco contro l’uomo massacrandolo. Era il 5 aprile del 1998. Massimo Ucciero, 42 anni da compiere a novembre, mandante della strage di San Michele in via Chiesa in cui morirono due giovani, mentre altri tre rimasero feriti, è da qualche giorno ai domiciliari a Villa Literno. Si trova nella casa della madre, Anna Garofalo, deceduta qualche anno fa, come il padre Carmine Ucciero, in passato donna del clan Bidognetti. Gode di un permesso premio e per due ore al giorno è libero di uscire dall’abitazione. Fu arrestato nel mese di settembre del 2003. Era da poco iniziata la faida tra il suo gruppo, quello degli Ucciero-Tavoletta, e quello dei Bidognetti, capeggiati allora da Massimo Iovine, poi divenuto collaboratore di giustizia. Con il suo arresto la cosca avversaria prese il sopravvento. Fu una mattanza, con gli uomini dei Tavoletta falcidiati dal gruppo di fuoco avversario. A cadere sotto i colpi anche il fratello di Massimo, Domenico Ucciero, detto ‘o nano. Un altro fratello, Vincenzo, fu arrestato lo scorso anno per estorsioni. Lui, Massimo Ucciero detto capa spaccata, durante quella faida, era in carcere. Nell’aprile del 2004 la retata che sgominò entrambi i clan. Tra gli arrestati anche l’allora capoclan Cesare Tavoletta, figlio del defunto capo Pasquale Tavoletta, detto Zorro, ammazzato nel 1989. Massimo Ucciero in cella aveva conosciuto alcuni esponenti delle cosche salernitane tra cui Nicola Fiore. Fu quest’ultimo, insieme a Daniele Corvino, detto ‘o specchiato, di Casal di Principe, a giungere in piazza quella sera di settembre e fare fuoco. Erano armati di fucile e pistola e affrontarono cinque giovani che si intrattenevano in strada uccidendone due, Vincenzo Natale, di 25 anni e Giuseppe Rovescio, 24 anni, vittima innocente di camorra e ferendone in maniera non grave gli altri tre. Condannato in via definitiva per i delitti di Di Fraia e della strage, evitò però l’ergastolo. All’epoca del primo delitto era minorenne. Per i due morti e i tre feriti del 2003 fu condannato come mandante ma nel processo in Appello ammise le sue responsabilità e accusò come esecutore Corvino. Un contributo alla giustizia che gli valse la condanna a 30 anni in luogo del carcere a vita. Dopo una serie di ricorsi in Cassazione per il riconoscimento di alcuni benefici, è giunto al suo terzo permesso premio, il primo a Villa Literno, ai domiciliari. Terminato il permesso premio tornerà in carcere. Ci resterà ancora per qualche anno, forse anche meno.