NAPOLI – Quando una guerra si protrae per così tanto tempo, gli abitanti del luogo interessato dal conflitto sono costretti a cambiare stile di vita. Abitudini trasformate, orari sovvertiti, uscite centellinate, ridotte al minimo: acquisti di generi alimentari e poco altro ancora. Fronzoli zero, insomma, e quando si è in giro ci si guarda intorno con estrema attenzione. E’ così che ci si difende dai pericoli. A Ponticelli la situazione è più o meno questa e la guerra, ovviamente, è quella combattuta dai clan da ormai quasi due anni. Tra poco più di trenta giorni, infatti, saranno 24 mesi da quando un commando mise nel mirino due fedelissimi del clan De Martino. Fu l’inizio della fine per la quiete del quartiere. Da allora, per Ponticelli non c’è pace. E i residenti hanno iniziato a orientarsi in base ai fatti di cronaca: la strada di ‘quella stesa’, la piazza di ‘quell’attentato’, l’incrocio ‘delle bombe’. Così gli abitanti, durante il mese di agosto, hanno scelto di proteggersi. Come? Non uscendo. Trovare persone in giro, di sera, a Ponticelli è una missione impossibile. Le strade sono deserte. Le comitive di giovani, che un tempo erano solite radunarsi ai piedi dei palazzi, sono sparite nel nulla. Non ci si intrattiene più nemmeno per una sigaretta prima di rincasare. E’ troppo rischioso stare in strada quando entra in azione un commando di fuoco, o mentre affiliati e ras di un’organizzazione criminale sfilano a bordo di automobili e in sella a moto di grossa cilindrata. Manifestazioni sempre più all’ordine del giorno e della notte a Ponticelli, quartiere dove la camorra ha più di un’anima, un’immensa fetta di periferia orientale un tempo in mano al clan Sarno e ora conteso da diverse realtà malavitose: i De Martino, i De Micco, i De Luca Bossa, i primi due alleati fedeli fino a poco fa proprio contro il terzo gruppo criminale, che insieme alle fazioni dei Casella e dei Minichini forma un cartello a tre teste, espressione dell’Alleanza di Secondigliano. A Ponticelli la guerra va avanti da quasi due anni, ma con brevi pause. Una di queste, la più lunga, dopo il blitz dell’11 ottobre dell’anno scorso, quando il pool anticamorra fece spiccare due distinti provvedimenti lampo per frenare l’escalation di bombe e spari, e soprattutto per fermare la sete di vendetta dei De Luca Bossa per l’omicidio di Carmine D’Onofrio, figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa e nipote di Antonio ’o sicco, il capoclan fratello di Teresa De Luca Bossa, la lady camorra di Ponticelli. Quest’ultima, una delle donne più feroci nella storia della criminalità organizzata non solo napoletana, è madre di Christian Marfella, scarcerato lo scorso 29 giugno e attualmente ai domiciliari con controllo a distanza tramite braccialetto elettronico. Dovrà tenere il dispositivo fino al mese di settembre. Il suo ritorno nel quartiere è coinciso con l’esplosione di nuove tensioni. Anche perché dall’altra parte, nel rione Fiat degli ‘XX’, possono contare sul ritorno di Francesco De Martino. La ripresa estiva della guerra di camorra ha già prodotto un duplice omicidio (con una vittima innocente), un paio di bombe e un agguato ai danni del 25enne Davide Tomi, vicino agli ambienti dei De Micco e amico fraterno del neo pentito Antonio Pipolo (reo confesso delle uccisioni del ras Carlo Esposito e dell’operaio Antimo Imperatore), scampato alla morte soltanto grazie a un miracolo data la mole di piombo (otto colpi) che gli è stata riservata dai sicari.
A partire dalle ore serali, non appena fa buio, in giro tra le palazzine ci sono soltanto ras e affiliati dei clan. Cortei di auto e scooter si muovono dalla roccaforte dei De Luca Bossa e fanno rotta verso i confini dei rioni dove vivono gli uomini dei De Micco e dei De Martino. Un modo per sfidare i nemici e per lanciare messaggi che, nel linguaggio non scritto della camorra, equivalgono a continue dichiarazioni di guerra.