PALERMO – “E’ vivo e vegeto” commentava Francesco Luppino con un altro indagato riferendosi a Matteo Messina Denaro. Nel blitz di questa notte con 35 arrestati (23 in carcere e 12 ai domiciliari) dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani il protagonista è sempre lui, la primula rossa, l’ultimo padrino della stagione dei corleonesi, il superlatitante dal 1993, oggi sessantenne. Luppino, scarcerato eccellente e braccio destro dell’ultimo dei corleonesi nei primi anni duemila, è il protagonista dell’ultima ondata di arresti, un nuovo colpo alla rete di protezione di Messina Denaro, l’ennesima operazione per fargli terra bruciata attorno. I magistrati della Dda di Palermo gli danno la caccia da 29 anni, nell’ultimo lustro hanno arrestato più di 200 fra parenti, bracci destri, fiancheggiatori della sua latitanza, prestanome e curatori dei suoi affari. Uno sforzo investigativo enorme che per ora non è riuscito a sfondare il muro a protezione del superboss. Totò Riina intercettato in carcere prima di morire diceva di essere convinto che fosse all’estero, ma se fosse vero, questo non gli impedirebbe di dettare le regole nella mafia trapanese.
Di questo sono convinti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ha coordinato l’indagine dell’Arma. In oltre tre anni di indagine i sostituti procuratori Francesca Dessì, Alessia Sinatra e Pierangelo Padova, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, hanno ricostruito i nuovi assetti delle famiglie di Campobello di Mazara, di Mazara del Vallo e Marsala individuando i nuovi referenti dei clan, personaggi che ad oggi si ipotizza possano essere i nuovi uomini di collegamento con il superlatitante di Castelvetrano. Il gip di Palermo Walter Turturici ha firmato 35 provvedimenti cautelari e disposto 70 perquisizioni nei confronti degli indagati. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
Fra gli arrestati spicca dunque Francesco Luppino, uno degli scarcerati eccellenti, uscito dal carcere 3 anni fa dopo aver scontato l’ultima condanna per mafia. Prima di finire in carcere diversi pentiti hanno descritto come si era subito messo al lavoro per ricostruire la rete di relazioni e affari illeciti nel trapanese, partendo dalla sua roccaforte di Campobello di Mazara. Questa notte è tornato in carcere, colpito da una delle 35 misure cautelari. I carabinieri del Ros lo hanno prelevato dalla sua abitazione nel suo feudo trapanese. Gli investigatori hanno accertato che già subito dopo la scarcerazione, Luppino era tornato al timone della famiglia di Campobello di Mazara. Già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti di vertice delle famiglie palermitane secondo quanto scrive il gip “sarebbe gravemente indiziato di avere acquisito centralità in tutto l’aggregato mafioso di quella provincia, risultando in grado di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche fra i mandamenti mafiosi, anche esterne alla provincia di Trapani”. Secondo gli inquirenti Luppino riceveva direttamente da Messina Denaro le direttive per designare i referenti sul territorio, dai capi famiglia ai capi decina. Un aspetto che per i magistrati della Dda dimostra quanto siano ancora in mano al superlatitante le dinamiche mafiose e gli affari nella provincia di Trapani. Un business che oltre ai tradizionali settori del traffico e spaccio di droga e delle estorsioni, si era esteso ai comparti vigilanza e sicurezza nei locali notturni, recupero crediti e al mondo delle aste giudiziarie che i clan tentavano di condizionare a loro favore.
di Francesco Patanè