MILANO – Dopo un discorso alla nazione ventilato dai media russi e rimandato più volte, Vladimir Putin ha annunciato una mobilitazione parziale dei riservisti per la guerra in Ucraina. È la prima mobilitazione in Russia dalla Seconda guerra mondiale e suona come un’ammissione del fatto che, dopo 7 mesi e i recenti colpi inferti sul campo dalla controffensiva ucraina, la guerra che Mosca continua a chiamare ‘operazione militare speciale’ non sta andando come da piani. I dettagli sono stati forniti dal ministro della Difesa Sergey Shoigu: saranno 300mila i riservisti richiamati, solo quelli con esperienza di combattimento rilevante, cioè l’1% dei circa 25 milioni di persone del bacino totale di mobilitazione. Il discorso di Putin, trasmesso in tv, è durato 7 minuti; era atteso inizialmente per martedì sera, alla fine il leader del Cremlino è comparso sugli schermi in mattinata. “Il decreto è già stato firmato” e le “iniziative” in sua applicazione cominceranno “da oggi”, ha annunciato il presidente russo con tono grave. Poi, puntando il dito contro l’Occidente, che accusa di volere distruggere la Russia, Putin ha lanciato la minaccia: “Chi prova a ricattarci con armi nucleari dovrebbe sapere che i venti possono cambiare”, “se l’integrità territoriale del nostro Paese viene minacciata” “useremo tutti i mezzi che sono a nostra disposizione”. “Non è un bluff”, ha tuonato lo zar.
Le parole di Putin giungono all’indomani della convocazione di referendum che a partire da venerdì si terranno in quattro regioni nell’est e del sud dell’Ucraina sotto controllo totale o parziale dei russi – Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia – per deciderne l’annessione alla Russia; una mossa che potrebbe spianare la strada a un’escalation di Mosca a seguito dei successi ucraini sul campo. Il leader del Cremlino ha espresso appoggio ai referendum. Putin “vuole affogare l’Ucraina nel sangue, ma anche nel sangue dei suoi stessi soldati”, la reazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo cui, in base a informazioni di intelligence, la mobilitazione russa sarebbe iniziata da un mese. “Sappiamo già che hanno mobilitato i cadetti, ragazzi che non potevano combattere. Sono venuti da noi e muoiono”, ha detto Zelensky a Bild, una conferma che la Russia ha “problemi con ufficiali e altro personale militare”.
Poco dopo il discorso di Putin, c’è stata un’impennata nella richiesta di biglietti aerei per lasciare la Russia, con voli esauriti verso le capitali di Georgia, Turchia e Armenia, destinazioni che consentono ai russi di entrare senza visto. Il movimento d’opposizione Vesna ha invece convocato proteste a livello nazionale in diverse città. La Lituania, in quanto Paese confinante per via dell’exclave russa di Kaliningrad, ha annunciato che per la sua forza di reazione rapida è scattato lo stato di massima allerta “per prevenire qualsiasi provocazione dalla Russia”.
L’Occidente è stato unanime nel parlare di un segnale di debolezza da parte di Mosca. “L’annuncio di Putin è solo un’altra prova che a lui non interessa la pace ma solo l’aggressione, nonché è un segnale di disperazione su come stia andando la sua aggressione all’Ucraina”, ha commentato la Commissione Ue. Londra parla di “un’ammissione che la sua invasione sta fallendo”, mentre per gli Stati Uniti è “sicuramente un segno di difficoltà, e lo sappiamo”. “Putin ha subito decine di migliaia di vittime, ha problemi di comando e controllo, un terribile morale delle truppe, problemi di diserzione e sta costringendo i feriti a tornare a combattere”, ha rimarcato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. Gli Usa, però, ha aggiunto, “prendono seriamente” la minaccia nucleare ventilata da Putin, e qualora decidesse di agire in tal senso ci sarebbero “conseguenze gravi”. “Non credo che lo farà. Non credo che il mondo gli permetterà di usare quelle armi”, la speranza di Zelensky. La Cina, con cui per mesi Putin ha cercato di fare asse, dal canto suo, come già in occasione del vertice di Samarcanda della settimana scorsa si è mostrata cauta. Pechino ha invitato a un cessate il fuoco tramite negoziati e a soluzioni che rispondano alle preoccupazioni di sicurezza di tutte le parti.
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