CAMPOBASSO – “In Molise il tasso di medici obiettori di coscienza è altissimo: il 92,3 % dei ginecologi, il 75% degli anestesisti, il 90,9% del personale non medico. L’interruzione volontaria di gravidanza, in applicazione alla legge 194, si può praticare solo all’ospedale di Campobasso e con un unico medico. Non basta, questo non può chiamarsi diritto”. Le ragazze del collettivo Fuorirotta sono scese in strada a Campobasso sventolando cartelli e slogan (“Non un uomo, non lo Stato, non la Chiesa, sul mio corpo decido io”) ed elencando dati. Con loro anche una ventina di studenti, a sostegno di una manifestazione – prima del genere in regione – che si inserisce in uno scenario politico più delicato del solito. “Il Governo che arriverà, guidato da Giorgia Meloni, deve sapere che stiamo rivendicando un sacrosanto diritto e non un capriccio” chiariscono dalle associazioni ‘Non una di meno’ e ‘Un altro Molise è possibile’ che hanno partecipato alla mobilitazione mondiale per l’aborto libero, sicuro e gratuito, presidiando banchetti informativi per ‘intera giornata.
Il caso Molise è noto: sono solo due, su un totale di 26 ginecologi in servizio presso i tre ospedali pubblici di Campobasso, Isernia e Termoli, a praticare l’interruzione volontaria di gravidanza. Da alcune settimane le cose sono ulteriormente cambiate: la dottoressa Giovanna Gerardi è stata richiamata in corsia, nel reparto di Ostetricia, per carenza di organico.
Nel centro ‘Centro regionale per la procreazione responsabile, la contraccezione e le malattie sessualmente trasmesse’ è rimasto soltanto Michele Mariano, storico medico abortista molisano, che a 70 anni si vede slittare ancora il momento della pensione per non lasciare scoperto un servizio garantito dalla legge. “L’interruzione volontaria di gravidanza in Molise è assicurata – spiega il direttore generale dell’azienda sanitaria regionale Oreste Florenzano – Qualsiasi donna residente in Molise ha accesso all’applicazione della legge presso l’ospedale Cardarelli”.
Per le donne in corteo non basta. “Con un solo ospedale in cui si praticano gli aborti legali le molisane rischiano di doversi rivolgere a strutture di fuori regione e a pagare per usufruire di un servizio che in realtà è un diritto inalienabile” dichiarano le ragazze in sit-in a villa Musenga, chiedendo anche che la legge 194 sia modificata negli articoli 5 e 9 “perchè consentono l’obiezione di coscienza favorendo situazioni disastrose come avviene in Molise e perché consente, all’interno degli ambulatori e nei consultori, la presenza di associazioni pro life, una tortura psicologica per le donne che compromette la libertà di scelta”.
Dall’azienda sanitaria però frenano: “Il nostro ruolo è garantire l’applicazione della legge, e questo viene fatto. Stiamo acquisendo anche, come Asrem, nuovo personale in ginecologia con l’espressa richiesta che sia personale non obiettore. Sono stati emanati tre avvisi pubblici”. Per il momento nel Centro regionale Ivg c’è un solo medico abortista, in servizio fino al 31 dicembre quando anche l’ultima proroga sarà scaduta. Poi non si sa.
di Monica Vignale