CAPUA – Volevano quel terreno e per averlo, per battere la concorrenza, per essere loro a costruire, ha raccontato Francesco Zagaria, fecero il nome degli Schiavone. E la storia di una battaglia tra imprenditori capuani: da un lato i cugini Francesco e Giuseppe Verazzo, quelli che, a detta del pentito, per raggiungere l’obiettivo avevano evocato la mafia di Casale, dall’altro Francesco Bonavolontà di Sant’Angelo in Formis, titolare della Bilmac Marmi.
L’area contesa è quella che si trova in via Galatina, a Santa Maria Capua Vetere, di fronte all’ex tabacchificio. Erano gli inizi degli anni Duemila e Zagaria venne contattato da un escavatorista. Quest’ultimo all’odierno pentito disse che un suo conoscente (Bonavolontà) aveva un problema con i Verazzo e voleva parlargliene. “Bonavolontà – ha riferito il collaboratore di giustizia – mi raccontò che su quel terreno era intenzionato a costruire, ma la stessa cosa volevano fare i Verazzo, i quali, pur di spuntarla, avevano evocato il nome degli Schiavone, di fatto minacciandolo di ritorsioni nel caso avesse continuato con la sua pretesa. […] Bonavolontà si era rivolto a me come affiliato al clan Zagaria, per avere una sorta di tutela verso i Verazzo, che gli avevano espressamente manifestato di essere appoggiati dagli Schiavone. Mi chiese di intervenire dal punto di vista camorristico”. E Ciccio ‘e Brezza, stando alle sue dichiarazioni, accettò perché la vicenda, se si fosse risolta grazie al suo intervento, lo avrebbe aiutato a rafforzare la propria immagine di mafioso: “Andai a parlarne a casa di Salvatore Nobis ‘Scintilla’, il quale, appena ascoltato il mio racconto mi esternò immediatamente le sue perplessità, perché i Verazzo, disse, ‘facevano una cosa con gli Schiavone’.
Nobis tuttavia si mostrò pronto a discuterne con gli Schiavone e questa iniziativa era giustificata dal fatto che gli avevo detto che Bonavolontà avrebbe regalato a noi del gruppo 50mila euro”.
Scintilla, seguendo la ricostruzione del pentito, in accordo con gli Schiavone organizzò un incontro con i Verazzo: “Si tenne a Casapesenna innanzi la casa di Nobis e ricordo che vennero proprio i due Verazzo. Io ero in compagnia di Nicola Palladino della Cls, Salvatore Nobis e Pasquale Zagaria. Ricordo benissimo che le prime parole proferite dai due Verazzo furono le seguenti: ‘Se siamo venuti a questo incontro è solo per una forma di rispetto nei confronti di Michele Zagaria’, con ciò facendoci comprendere, con il linguaggio tipicamente camorristico, che la loro caratura consentiva tranquillamente di rifiutare degli incontri chiesti da altri gruppi criminali”.
Nel corso della riunione, i Verazzo, ha riferito il pentito, dissero che, d’intesa con gli Schiavone, dovevano effettuare delle costruzioni e che avevano deciso di parlarne solo per rispetto di Zagaria. “Questo episodio – ha concluso Ciccio ‘e Brezza – si colloca in un periodo a cavallo tra il 2002-2003, in un periodo in cui ‘Cicciariello’ era libero o latitante”.
Il racconto del pentito è stato oggetto di approfondimenti da parte della fiamme gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Caserta e del Nucleo speciale polizia valutaria di Roma su delega dei pm Maurizio Giordano e Fabrizio Vanorio: è stato accertato che la Co.ge.ver, società, dice la Dda, riconducibile ai Verazzo acquistò quel terreno il 29 luglio 2003 dalla Edilvenere di Bonavolontà Nicola & C. per 172mila euro. Comprata l’area, i Verazzo hanno costruito nell’ambito della lottizzazione varata dalla giunta di S. Maria Capua Vetere nel 2011. Ora lo stabile è occupato da un pub.
Le informazioni rese da Ciccio ‘e Brezza sono state inserite nel fascicolo di indagine che ha portato i Verazzo dinanzi al Tribunale di Napoli: i due, innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, stanno affrontando l’udienza preliminare con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’attività investigativa che ha coinvolto i costruttori ha acceso i riflettori sulle condotte amministrative avute tra il 2006 e il 2016 da Carmine Antropoli, chirurgo ed ex sindaco, Guido Taglialatela e Marco Ricci, entrambi ex consiglieri comunali: i tre (pure loro a rischio rinvio a giudizio) secondo la Procura si sarebbero resi protagonisti di turbative d’asta e corruzione per agevolare ditte considerate vicine al clan dei Casalesi, tra cui quelle dei Verazzo.
Ad affrontare l’udienza preliminare anche Domenico Pagano, imprenditore di Trentola Ducenta, accusato di camorra, Domenico Farina, di San Prisco, considerato il braccio destro di Ciccio’ e Brezza, che risponde di concorso esterno al clan dei Casalesi, Francesco Greco, responsabile dell’area Tecnica del Comune di Capua, che deve confrontarsi con i reati di turbativa d’asta, abuso d’ufficio e corruzione, i tecnici Alfredo Maria Cenviti, 56enne di San Prisco, al vertice dell’area Tecnica di Pastorano, Luca Diana, 50enne originario di San Cipriano, entrambi accusati di turbativa d’asta, e Alessandro D’Alessandro, 56enne di Capua, imputato per riciclaggio. Nel collegio difensivo gli avvocati Mauro Iodice, Vincenzo Alesci, Giovanni Cantelli, Giuseppe Stellato, Gerardo Marrocco, Lorenzo Caruso, Guglielmo Ventrone, Vittorio Giaquinto ed Emanuele Diana. Bonavolontà è estraneo all’inchiesta (ed innocente fino a prova contraria come tutti gli altri citati nell’articolo) che ha tirato in ballo i Verazzo.
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