Pil: da Confindustria allarme crescita zero nel 2023, pesano le incognite del gas

Allarme crescita zero nel 2023. Pesa lo schock energetico che "abbatte le prospettive di crescita" e pesano le ipotesi sulla questione gas.

Allarme crescita zero nel 2023. Pesa lo schock energetico che “abbatte le prospettive di crescita” e pesano le ipotesi sulla questione gas. Il Paese si trova davanti ad un bivio: un eventuale stop delle forniture dalla Russia, che sarebbe un macigno sul Pil, o l’approvazione a ottobre del tanto atteso price cap europeo, che al contrario farebbe salire il prodotto e l’occupazione. È la fotografia scattata dal rapporto sullo stato di salute dell’economia italiana del Centro studi di Confindustria, presentato oggi a viale dell’Astronomia.

L’impatto sulla crescita degli effetti economici della guerra in Ucraina si inizierà a quindi a sentire già prima della fine dell’anno, con un III trimestre in frenata e poi in discesa tra il IV trimestre del 2022 (-0,6%) e il I del 2023 (-0,3%). Dal II trimestre del 2023, la dinamica tornerebbe positiva, anche se in misura molto contenuta: +0,2% in media a trimestre con un profilo coerente con una variazione complessivamente nulla nell’anno. Ma “si tratterebbe di un mero recupero dei livelli di attività perduti nei sei mesi precedenti: l’economia italiana sarebbe sostanzialmente in stagnazione”, avverte Confindustria. La crescita, quindi, sarebbe nulla. Rallentano i consumi, nel 2023 sarebbero ancora del 3% sotto ai livelli del 2019, frenano gli investimenti delle imprese, soprattutto nell’edilizia, sale il tasso di disoccupazione, atteso all’8,1% nel 2022 e all’8,7% nel 2023.

A questo si aggiunge uno scenario internazionale per i futuri due anni caratterizzato da forte incertezza, con le tensioni tra Ue e Russia che gettano ombre fosche sulla tenuta delle economie italiane ed europee. Se le tensioni dovessero inasprirsi e portare ad uno stop delle forniture il prezzo del gas salirebbe nel IV trimestre ad un prezzo di 330 euro/mwh fino alla fine del 2023. Il che significherebbe svalutazione dell’euro sul dollaro, un aumento dei tassi ufficiali di politica monetaria e di quello interbancario, un peggioramento del clima di incertezza globale. Tradotto: -1,5% di Pil tra 2022 e 2023 e in 294mila occupati in meno nel biennio. D’altro canto – ipotizza Confindustria – se a ottobre l’Europa desse il via libera al price cap ad un livello medio per tutti gli operatori sul mercato di 100 euro/mwh, fino a dicembre 2023 il prezzo del gas si attesterebbe ad un livello medio annuo di 123,8 euro nel 2022 e di 100 euro nel 2023. Tutt’altra storia quindi: l’euro si rivaluta, la pressione sui tassi monetari interbancari si abbassa, l’incertezza economica e finanziaria si attenua, migliora il commercio internazionale. Si avrebbe quindi una crescita annua del Pil sensibilmente più robusta, a +1,6% nel biennio e 308mila occupati in più nel biennio. Ma nonostante gli appelli lanciati dal premier uscente Mario Draghi e dal capo dello Stato Sergio Mattarella, la discussione di Bruxelles è stata aggiornata al vertice del 20-21 ottobre.

di Martina Regis

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