NAPOLI (Giuseppe Stanga) – L’inverno si avvicina e le temperature di questi giorni ci regalano un assaggio della stagione più fredda dell’anno. Siamo alle prese con il cambio di stagione: via vestiti e camicie in cotone per fare largo a sciarpe, cappotti e maglioni. Anche la nostra casa deve adeguarsi al calo delle temperature: tiriamo fuori coperte e lenzuola in flanella per ripararci dal clima gelido del periodo. Scopriamo come allestire il letto facendo attenzione all’ambiente.
L’INDAGINE
Altroconsumo ha condotto un’indagine per capire quali tra i tessuti naturali e quelli sintetici siano i più sostenibili. A giocare un ruolo chiave è la durata di utilizzo: se seguiamo il modello della moda ‘usa e getta’ i tessuti sintetici risulteranno essere più sostenibili, ma se scegliamo quelli naturali e li usiamo per molti anni, anche se più difficili da reperire, risulteranno più vantaggiosi a livello ambientale. E’ chiaro che il nostro obiettivo ultimo deve essere comprare solo il necessario, e i tessuti naturali sono spesso anche qualitativamente miglio, il che incide sulla durata di utilizzo.
TESSUTI A CONFRONTO
Per calcolare l’impatto ambientale di pelle, lana, lino, cotone, canapa o denim occorre tener conto dell’uso del suolo per la coltura, dell’impiego di pesticidi e fertilizzanti, del consumo d’acqua. Mentre per le fibre sintetiche entrano in gioco l’estrazione di petrolio, il consumo di energia, l’uso di sostanze chimiche, le emissioni e gli scarichi. Altroconsumo ha analizzato 18 materiali tessili usati nell’industria dell’abbigliamento ipotizzando che il consumatore utilizzi ciascun capo per quattro anni e che lo indossi 170 volte, lavandolo ogni tre usi. Tra i numerosi indicatori di impatto ambientale cinque costituiscono il 70% degli impatti totali: l’incidenza sul riscaldamento globale, il grado di tossicità per l’uomo, il consumo di suolo, l’uso di risorse non rinnovabili e il consumo di acqua. E’ emerso che sono i capi realizzati con tessuti sintetici quelli che fanno registrare le migliori performance ambientali. Ma ovviamente bisogna prendere in considerazione il fattore tempo: se i capi in materiale sintetico molto probabilmente finiranno nella pattumiera dopo 4 anni, quelli in tessuto naturale hanno una durata maggiore. E questo aspetto ha un valore particolarmente significativo per la biancheria da letto. Una coperta viene utilizzata per decenni, meglio orientarsi quindi su una scelta “naturale”.
PILE E MICROPLASTICHE
Il pile è nato nel 1979 dalla messa a punto di una fibra sintetica, ricavata dal poliestere, da parte di una ditta americana. Nonostante alcuni ritengano che il pile sia un materiale ecologico in quanto derivato da plastica riciclata, esso è caratterizzato da un impatto ambientale non nullo in quanto durante la fase di lavaggio rilascia microparticelle di plastica nell’acqua di scarico. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Science, con l’obiettivo di quantificare e valutare la dispersione di componenti plastiche negli ambienti marini il pile è tra i tessuti più inquinanti. Gli scienziati hanno raccolto ed esaminato la sabbia di 18 differenti siti e dalle analisi di laboratorio è emerso che l’80% delle componenti sintetiche proveniva dal pile.
LARGO ALLA LANA
Un tempo era l’unico tessuto utilizzato per proteggersi dal freddo, oggi invece è un materiale raro. La lana veniva utilizzata per cuscini e materassi, gli allevamenti di pecore ‘riciclavano’ in maniera efficiente gli scarti delle tosature. Oggi invece, con l’avanzata delle fibre sintetiche, la lana è diventata una sorta di zavorra per i produttori che devono smaltirla come rifiuto speciale. Un ritorno al passato favorirebbe non solo l’ambiente, ma anche il nostro guardaroba. C’è infatti una sostanziale differenza nel calore fornito rispetto alle fibre sintetiche. Un bel maglione in lana dura molti anni, e lo stesso vale per cappotti e coperte. Torniamo alle tradizioni e impariamo a sfruttare tutto: largo alla trapunta “della nonna” e addio alle coloratissime coperte in pile.
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