NAPOLI – Gli danno fuoco sotto casa perché vuole cambiare vita, arrestato l’amico. Si tratta di Alessio Pica, 26enne del rione Sanità, colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Napoli su richiesta della Procura locale. Pica è gravemente indiziato – in concorso con un’altra persona ancora da identificare – del tentato omicidio dell’allora 30enne Antonio Storaro.
L’indagine
I fatti, avvenuti lo scorso 4 dicembre, sarebbero stati compiuti con premeditazione e con l’aggravante del metodo mafioso per aver agevolato con il gesto il consolidamento del clan Vastarella, egemone nella Sanità e nei quartieri limitrofi. Le indagini, effettuate con attività tecniche da parte dei carabinieri della stazione Stella – coordinati dalla Procura partenopea – sono iniziate due giorni dopo i fatti perché mai denunciati e hanno permesso di appurare che Pica avrebbe incontrato Storaro in piazza San Vincenzo con un pretesto per poi rovesciargli addosso della benzina e dargli fuoco. Il 26enne avrebbe commesso i fatti violando la misura degli arresti domiciliari cui era sottoposto per una vicenda di droga. Storaro, soccorso dalla madre che spense in tempo le fiamme, era stato poi ricoverato nel reparto Grandi Ustionati dell’ospedale Cardarelli di Napoli per ustioni di sedi multiple del corpo.
Le motivazioni
Le motivazioni del tentato omicidio sarebbero riconducibili a dinamiche criminali locali ancora al vaglio degli inquirenti. Una prima pista, tuttavia, c’è: Storaro sarebbe stato punito per la sua volontà di cambiare vita e smettere di vendere droga nella piazza di spaccio gestita da Alessio Pica che, come si legge dalle pagine del provvedimento eseguito ieri, si troverebbe alle spalle dell’ospedale San Gennaro dei Poveri, sito nell’omonima strada, nel cuore del rione Sanità.
La vicenda
Quando Antonio Storaro giunse all’ospedale Cardarelli, nella notte tra il 3 e il 4 dicembre dell’anno scorso, disse di essersi procurato le lesioni accidentalmente. Le indagini cominciarono solo il 6 dicembre, quando il personale della compagnia Napoli Stella apprese da una fonte confidenziale che Pica, in quel momento sottoposto alla misura alternativa degli arresti domiciliari, la sera del 4 dicembre si era recato in piazzetta San Vincenzo e aveva cosparso di benzina e dato fuoco a un uomo, poi identificato proprio in Storaro, perché – secondo la fonte, si legge ancora nell’ordinanza firmata dal gip Lucia De Micco – quest’ultimo “aveva deciso di ‘tirarsi fuori’ definitivamente dall’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, controllata e gestita proprio da Pica con cui aveva collaborato fino a qualche tempo prima”.
La fidanzata
Il 6 dicembre i carabinieri riuscirono a contattare la fidanzata di Storaro la quale, dopo un primo momento di reticenza, pur precisando che non avrebbe sporto alcuna denuncia, raccontò che Storaro aveva deciso da poco di abbandonare la strada della criminalità e di voler iniziare una nuova vita intraprendendo l’attività di garagista; infine riferì di sapere che la notte del 4 dicembre Pica si era recato presso l’abitazione di Storaro, sita in piazzetta San Vincenzo, e dopo averlo incontrato per strada gli aveva rovesciato addosso del liquido infiammabile, presumibilmente benzina, dandogli poi fuoco, ma chiarì che la madre della vittima fosse l’unica testimone in grado di riferire in modo dettagliato sull’accaduto e che difficilmente avrebbe rilasciato dichiarazioni ufficiali, poiché minacciata dalla mamma di Pica.
La versione della vittima
Gli investigatori dell’Arma effettuarono un accesso all’ospedale Cardarelli. La prima mossa fu acquisire la documentazione medica di Storaro, che non poteva essere escusso in quanto ricoverato in terapia sub intensiva e ancora in gravi condizioni. Dalla documentazione medica acquisita emerse anche che Storaro, al momento del ricovero in ospedale, aveva dichiarato di essersi procurato accidentalmente le lesioni in quanto mentre stava facendo rifornimento di benzina al proprio motociclo, aveva acceso una sigaretta che a contatto con il combustibile aveva provocato l’accensione delle fiamme.
I controlli nell’abitazione
Dopo i fatti accaduti ci sono stati i seguenti controlli presso la sua abitazione: la notte del 4 dicembre, alle 3, gli ufficiali della polizia giudiziaria attestarono la presenza a casa di Pica che appariva pallido e agitato e riferiva loro di aver avuto un leggero malore; la sera successiva le forze dell’ordine constatarono l’assenza di Pica dall’abitazione in due momenti – sia alle 22,15 che alle 23,45 – con la madre che riferì che il figlio si era allontanato in seguito ad un litigio avuto con lei e sino a quel momento non era ancora rientrato.
Le successive indagini della Procura consentiranno di scoprire l’esatta dinamica dei fatti. La sera del 4 dicembre, in piazza San Vincenzo, Pica avvicinò Storaro. I due si conoscevano da sempre, poi il raid di violenza.
La conversazione telefonica
“Vi siete cresciuti”, dirà la madre di Storaro al figlio durante una conversazione telefonica finalizzata a convincere l’allora 30enne a raccontare la verità ai carabinieri: “Era successo che ti aveva spezzato un braccio, dicevo ‘vabbe’ Antonio, non diamo retta a mamma’… siete amici… ‘togli occasione’… ma un fatto del genere… che a parte sei vivo per miracolo, ma quello di voleva proprio morto”. Alessio Pica risponde di tentato omicidio con le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti e futili, e del metodo mafioso e al fine di agevolare il clan Vastarella, per consolidarne il prestigio e il predominio sul territorio.
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