Indagato per associazione a delinquere il cardinale Becciu

Il cardinale Becciu indagato per associazione a delinquere
Il cardinale Becciu indagato per associazione a delinquere

SASSARI – E’ accusato di associazione a delinquere il cardinale Angelo Becciu. Lo si evince da una serie di documenti in possesso della guardia di finanza di Oristano e trasmessi in Vaticano dal Tribunale di Sassari. A confermare la notizia il promotore di giustizia Alessandro Diddi che ha riferito in apertura dell’udienza n°37 del processo a carico del prelato, dell’esito della rogatoria per “l’ipotesi di reato associativo”. Diddi ha detto di ritenere “i documenti ricevuti particolarmente rilevanti.

La trasmissione degli atti

Il Tribunale di Sassari ha anche trasmesso in Vaticano quanto ricavato dagli accertamenti sulla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata proprio dal fratello del cardinale, Antonino. Ma oltre al cardinale, nell’inchiesta risultano essere coinvolte altre persone, come la famiglia e la gestione proprietaria della diocesi di Ozieri. “All’interno della documentazione – ha spiegato Diddi – una selezione degli atti trasmessi a questo Ufficio e in particolare annotazioni della Guardia di Finanza di Oristano oltre a una serie di estratti di chat provenienti dai dispositivi telefonici sequestrati a Maria Luisa Zambrano, nipote del cardinale, e al fratello di Becciu”.

La telefonata col Santo Padre

All’interno degli atti in possesso della guardia di finanza di Oristano secondo Diddi, emergerebbe un “fatto inquietante: il ritrovamento della registrazione di una telefonata tra il cardinale Becciu e papa Francesco il 24 luglio 2021”, ovvero “tre giorni prima dell’apertura del processo in Vaticano e una decina di giorni dopo l’uscita del Pontefice dal Gemelli in seguito all’intervento chirurgico al colon. In Piazza del Sant’Uffizio sono presenti, oltre a Becciu, Zambrano e una terza persona non identificata”. Dalla registrazione si sentirebbe Becciu lamentarsi col Papa “Lei mi ha già condannato, è inutile che faccia il processo!”. Il cardinale si sarebbe anche lasciato andare in merito ai “soldi versati su indicazione di Cecilia Marogna all’agenzia britannica Inkerman per la liberazione di una suora colombiana rapita dai jihadisti in Mali. “Per il riscatto – ha spiegato Diddi – Becciu chiede al Papa di confermargli che c’era stata la sua autorizzazione a versare i soldi alla Inkerman”, cosa che avrebbe lasciato il santo Padre annichilito.

Altri indizi

Agli atti ci sarebbero anche una serie di bolle di consegna di quantitativi di pane della Coop Spes alle parrocchie per “giustificare le somme erogate dalla diocesi alla Spes”. Secondo Diddi si sarebbe trattato di “una vera e propria falsificazione delle bolle di consegna per 18 mila chili di pane, documenti che secondo la ricostruzione della Finanza “sarebbero stati realizzati poche settimane prima dell’inizio dell’attuale processo, ma riguardanti consegne di prodotto risalenti al 2018”. Le Fiamme Gialle sarebbero andate “parrocchia per parrocchia a cercare i destinatari del pane e nessuno ha riconosciuto la propria firma sui documenti di trasporto”, ha aggiunto.

L’accusa

Dalle indagini raccolte Diddi ha evidenziato le “pesanti ingerenze della Curia romana sull’attività della diocesi” sottolineando, tra l’altro, “che la diocesi e la Caritas erano gestite in sostanza dalla famiglia Becciu” e che “la Procura di Sassari è arrivata alle nostre stesse conclusioni”. Inoltre, riguardo al famigerato conto promiscuo utilizzato dalla Spes, “mons. Pintor nulla sapeva della sua apertura”. Pare che allora si cercasse “un direttore di banca che certificasse che fosse stato proprio mons. Pintor l’autore dell’apertura del conto, che invece non conosceva”. Da altre risultanze, si evincono rapporti cordiali, amichevoli di Giovanna Pani, tra i familiari di Becciu, e Cecilia Marogna”.

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