di Francesco Floris
Quello nei video non sono io. Non ero a Termini quella sera. I coltelli li uso per vivere da senzattetto. Il mistero di Aleksander Mateusz Chomiak, il 24enne senza fissa dimora polacco accusato di tentato omicidio per l’accoltellamento a una coetanea turista israeliana alla stazione Termini di Roma la sera del 31 dicembre, s’infittisce nel giorno in cui avrebbe dovuto chiarirsi. Il giovane ha risposto alle domande del Gip di Milano, Natalia Imarisio, negando ogni addebito.
Nelle ore precedenti di fronte ai carabinieri e al sostituto procuratore di Milano, Enrico Pavone, aveva fatto scena muta. Nessun movente o dinamica dei fatti era emersa per sua bocca. In carcere a San Vittore per l’interrogatorio si è mostrato “tranquillo”, racconta l’avvocato d’ufficio Francesca Rena, anche di fronte ai video delle telecamere di sorveglianza rimbalzati su social e notiziari nel tam tam mediatico durante le ore della caccia all’uomo.
Ha detto di non essere lui quello nelle immagini, di non avere alcuna ragione per trovarsi nello scalo ferroviario romano la sera di San Silvestro e di essere partito la mattina successiva, l’1 gennaio, alla volta di Brescia con un breve stop di due ore a Milano. Nel capoluogo lombardo martedì pomeriggio è stato riconosciuto e fermato da una coppia di carabinieri fuori servizio – il vice brigadiere del Radiomobile di Milano Filippo Consoli e sua moglie l’appuntato Nicoletta Piccoli, in servizio presso l’infermeria del Comando Legione Lombardia dell’Arma – sul treno in partenza per Brescia dalla stazione Centrale.
Nessun bagaglio oltre alla busta di plastica ripresa dalla videosorveglianza durante l’aggressione, indossava gli stessi abiti scuri e i militari lo hanno trovato in possesso di due coltelli – uno dei quali con “probabili tracce ematiche” – e un cutter che sono stati sottoposti a sequestro e messi a disposizione dei giudici per successivi approfondimenti tecnico-scientifici. Chomiak ha raccontato di possederli per la sua vita ordinaria da senza fissa dimora durante l’interrogatorio e secondo le prime informazioni in mano agli inquirenti milanesi, che a breve dovranno trasferire gli atti a Roma per competenza territoriale, da un punto di vista visivo le lame non coincidono con quelle utilizzate per l’aggressione quasi sfociata in tragedia.
Ci sono altri misteri dietro la ‘storia’ di Aleksander: nessun movente per il presunto gesto folle che avrebbe compiuto. Davanti agli inquirenti non ha mostrato alcun chiaro segnale di squilibrio psichiatrico. “Da 7-8 mesi è in continuo movimento in Italia”, racconta a LaPresse l’avvocato Rena che gli ha parlato per una decina di minuti prima dell’udienza di convalida del fermo. “Tra i suoi unici contatti frequenti – spiega la legale – ha citato la Caritas e aiuti che gli verrebbero forniti dalla ‘comunità polacca’ nelle città di Roma e Torino, senza mai entrare meglio nei dettagli”. Nulla nemmeno sul suo passato in Polonia, dove è ricercato per furto dalla polizia di Grudziadz e dalla madre a cui faceva avere saltuariamente sue notizie.
Il fermo sarà convalidato e probabilmente disposta la custodia cautelare in carcere come chiesto dalla Procura di Milano. A quel punto il fascicolo potrà essere trasferito nella Capitale dove i difensori del giovane senza dimora potrebbero chiedere approfondimenti clinici sulla salute mentale, per accertare se fosse in grado di intendere e di volere al momento dei fatti, sia la capacità di stare in udienza.
Milano, 4 gen. (LaPresse)