Armi controcarro per la guerra di camorra

Armi controcarro per la guerra di camorra
Armi controcarro per la guerra di camorra

CASAL DI PRINCIPE – Ai Casalesi furono proposte delle armi pesanti anticarro mai avute in precedenza, “ma visto il livello dei conflitti nei quali ci trovavamo coinvolti, sempre più elevato, decidemmo di acquistare anche quste armi pesanti”. Una vera e propria guerra quella che all’inizio degli anni Novanta fu combattuta tra le cosche degli Schiavone e dei Caterino-De Falco. Quelle armi sequestrate lo scorso anno e poi addebitate a sei persone di cui tre arrestate l’altro ieri furono acquistate anche dal gruppo di Del Vecchio. Si tratta di armi utilizzate all’epoca anche da Sebastiano Panaro, detto Camardone, nipote di Francesco Schiavone Sandokan. Le armi, passata l’emergenza della guerra tra cosche con la vittoria degli Schiavone, furono riposte in alcuni bidoni e interrate. L’altro ieri ad essere arrestati sono stati Pasquale Diana, Carlo Del Vecchio e Francesco Del Vecchio. Indagati a piede libero invece Leopoldo e Carlo Diana e Francesco Schiavone Cicciariello. A tutti la Dda contesta, in concorso, i reati di detenzione illegale di armi e ricettazione con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi.  Secondo quanto ricostruito dalla Dda di Napoli, le armi, nascoste in tre fusti di ferro sepolti nell’azienda agricola castellana, sarebbero state a disposizione del clan dei Casalesi – fazione Schiavone, di cui Carlo Del Vecchio è stato un membro di spicco.  Gli investigatori hanno anche scoperto un legame familiare importante tra i Diana e i Del Vecchio: la madre degli imprenditori agricoli è la sorella di Paolo Del Vecchio, padre di Carlo e Francesco. Nei prossimi giorni, i tre indagati destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare (da ritenere innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) saranno sottoposti a interrogatorio di garanzia davanti al giudice, che, su richiesta della Procura di Napoli, ha disposto il loro trasferimento in prigione. Sulle armi trovate nell’azienda dei Diana ha dato informazioni alla Dda, ritenute dal gip importanti, il pentito Massimo Vitolo, ex cognato di Carlo Del Vecchio: “Vennero date da Cicciariello a Carlo, prima del suo arresto, più o meno nel 2000. Queste armi sono state coperte con il grasso e messe in contenitori, tipo quelli usati nelle aziende bufaline”.

Mitragliette, fucili e pistole nascoste in un pozzo e ritrovate in pozzo artesiano grazie a un Metal detector

I reati di cui sono indiziati i sei coinvolti sarebbero stati commessi commessi a Castelvolturno, fino al 20 aprile dello scorso anno e per i quali è stata ritenuta sussistente l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni mafiose. e di aver agito al fine di favorire il clan dei Casalesi. I fatti posti a base del provvedimento vedono la loro genesi in una perquisizione locale e domiciliare, finalizzata alla ricerca di armi, eseguita nell’aprile del 2022 dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta all’interno di un’azienda agricola di Castelvolturno. Le ricerche, sviluppate anche col supporto della Polizia Scientifica e il contestuale impiego di due metal detector in dotazione permettevano di individuare in un’area del fondo, in prossimità di un pozzo artesiano, il sito esatto ove, sotto quasi due metri di terreno, era occultato un vero e proprio arsenale. Tra le diverse armi e munizioni rinvenute, custodite all’interno di due bidoni in plastica, spiccava una granata per fucile M60 di fabbricazione ex Jugoslavia che, per la relativa pericolosità, veniva fatta brillare direttamente sul posto da operatori del Nucleo Artificieri della Polizia di Stato. C’erano poi due fucili mitragliatori Kalashnikov, un fucile mitragliatore “Sites” mod. Ranger, tre pistole mitragliatrici Uzi, un’ulteriore pistola mitragliatrice non meglio identificata, un fucile “a pompa”, due fucili cal. 12 con matricole abrase, un fucile Carabina di precisione comprensiva di gruppo ottico, una pistola calibro 9×21 con matricola abrasa nonché un silenziatore per arma da fuoco, svariati caricatori e quasi trecento munizioni di diversi calibri. La varietà e il numero di armi (anche da guerra) rinvenute permettevano, sin da subito, di ipotizzare che l’arsenale fosse riconducibile al clan dei Casalesi. Del resto, in tal senso deponevano anche l’area geografica di riferimento e l’utilizzo di materiale analogo di cui, come noto, detta organizzazione criminale si è storicamente avvalsa.

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