MARCIANISE – Avrebbe dovuto demolire le opere abusive realizzate nel fabbricato, di sua proprietà, situato in via Fratelli Cervi, già nel 2008. Era il 29 maggio di 15 anni fa, infatti, quando a Camillo Belforte, oggi 43enne, venne notificata l’ordinanza di ingiunzione per ‘buttare giù’ quanto aveva costruito illegalmente. Ma trascorsero i 90 giorni di tempo entro i quali era chiamato ad ottemperare a quanto indicato nel provvedimento e Belforte decise di non spostare neppure una pietra. Gli abusi rimasero lì, intatti. Ad ottobre dello stesso anno venne accertata dalla polizia municipale la mancata demolizione delle opere irregolari e il caso passò nelle mani della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che iscrisse l’immobile nel ‘Registro esecuzione sanzioni amministrative’, il cosiddetto Resa, relativo proprio alle strutture da ‘buttare giù’.
L’inattivismo di Belforte ha avuto conseguenze. Quali? Il fabbricato è passato al Comune (è stato acquisito come patrimonio pubblico). E adesso, a 15 anni di distanza da quando emerse che la proprietà di Belforte era abusiva, cosa succede? Il dirigente Michele Punzo, guida dell’area Gestione del territorio del Comune di Marcianise, ha ordinato al 43enne di lasciare l’immobile entro una settimana e di comunicare l’avvenuto sgombero al Municipio. “In caso di permanenza dell’occupazione – ha messo nero su bianco il dirigente – si procederà alla liberazione dell’immobile con l’ausilio della forza pubblica”.
Ma chi è il Camillo Belforte che deve lasciare casa? Si tratta del nipote di Domenico Belforte, capoclan della cosca dei Mazzacane, e di Salvatore, pure lui boss, ma con alle spalle una parentesi da collaboratore di giustizia. Per quale ragione Camillo è nipote ai due mafiosi? Perché è il figlio di Pasquale Belforte, fratello dei padrini della malavita marcianisana.
Nel 2015, Camillo venne coinvolto in un’inchiesta, condotta dai carabinieri del Nucleo operativo di Marcianise e coordinata dalla Dda di Napoli, volta a far luce su una presunta estorsione e su un’ipotetica attività di concorrenza illecita che, secondo l’accusa, avevano come protagonista proprio il nipote dei boss. La vittima di queste azioni sarebbe stato il titolare di un’impresa che distribuiva rotoli di carta per registratori di casse e bilance.
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