Il generale Burgio: “Saviano inutile nella lotta alla camorra”

Il Generale dei carabinieri Carmelo Burgio

NAPOLI – Il contributo di Roberto Saviano alla lotta alla camorra? Nessuno. Ha solo scritto un libro, scopiazzando testi altrui, su un problema conosciuto dai tempi del fascismo e analizzato nel dettaglio in un processo, Spartacus, ormai concluso quando Gomorra fu pubblicato. Non lo dice uno qualunque ma un generale dell’Arma dei Carabinieri che porta addosso (lui sì) le stimmate di una vita sacrificata alla lotta all’illegalità e alla disumanità. Il ricordo di Carmelo Burgio resta indelebile nella mente dei casertani. Dal 2004 al 2008 è stato a capo del comando provinciale dei carabinieri di Caserta, in uno dei periodi più delicati, sul piano del contrasto alla camorra dei Casalesi e non solo, per Terra di Lavoro.
I due capi della criminalità organizzata locale, Antonio Iovine e Michele Zagaria, erano ancora latitanti. E lo spietato killer Giuseppe Setola apriva la stagione del piombo, tra sparatorie, stragi e atti dimostrativi da film western.
In precedenza Burgio aveva svolto incarichi complessi e pericolosi: prima comandante del battaglione Paracadutisti, impegnato in Albania e in Bosnia, poi dal 2003 comandante delle forze internazionali in Iraq, dopo l’attentato di Nassiriya. Poi è stato anche capo di reparto alla Direzione Investigativa Antimafia, e poi nuovamente in missione in Afghanistan. Insomma, un uomo ma verso il quale Caserta, la Campania, l’Italia avranno sempre un debito di riconoscenza e, soprattutto, che non ha mai vissuto di chiacchiere.
Il periodo in cui era impegnato nella lotta alla camorra casertana era proprio quello in cui la Mondadori della famiglia Berlusconi dava alle stampe il romanzo “Gomorra”, nel quale Saviano aveva copiato articoli dei quotidiani Cronache di Napoli e di Caserta.
E ieri il generale Burgio ha voluto dire la sua sul presunto “contributo” che lo scrittore ha dato alle attività di contrasto alla criminalità organizzata: “Ho letto recentemente pezzi pro e contro Saviano… su tutto la corretta considerazione che non si può pagare con denaro pubblico chi fa politica insultando. Specie se poco prima è stato eliminato dai palinsesti un giornalista che con acrobatici giochi di parole circa recente vero o presunto stupro, poteva passare per sessista.
Preferisco andare controcorrente e tirare dritto sul nocciolo della questione. Saviano icona della anti-camorra? Io resto ai fatti come li ho vissuti. Un libro di successo e una condanna per plagio… pare abbia scopiazzato… non sono io a dirlo ma una sentenza.
Ricordo che ero a Caserta in quegli anni e non ebbi un uomo né una macchina… per quel libro… era Pcm l’On. Amato.
E poi Peppe Setola o’ cecato iniziò nel 2008 la mattanza, segno che per sparare ci vedeva… 20 morti in 6 mesi e la strage di S. Gennaro… 1 italiano e 6 africani… in una sera sola. Era allora ministro dell’interno Bobo Maroni. Veniva 1 volta al mese in Prefertura organizzando Comitato Nazionale Ordine e Sicurezza Pubblica, arrivò di tutto di più , anke il 186* paracadutisti di Siena che fu di grande aiuto… Setola arrestato insieme a tanti altri. Di altri clan . Il Modello Caserta, per intenderci… Contributo di Saviano alla lotta alla camorra in quegli anni? Parlo per me e i CC di Caserta: non pervenuto. Come le temperature di Sofia durante la guerra fredda… Magari comunque altri hanno avuto di più dalle sue esternazioni… non saprei. Ad ogni modo nel 1927 il Pcm in carica, nel celebre discorso, spiegava a tutta l’Italia che le mafie serie, allora, erano nella Terra dei Mazzoni (Castelvolturno), nell’agro aversano e in Sicilia. Quindi manco questa è stata una scoperta di Saviano. Se poi aggiungiamo che Gomorra esce a processo Spartacus concluso, dopo il duce del fascismo lo aveva detto anche altra gente, fra magistrati e Forze dell’Ordine”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I pm: l’antimafia non mitizza i boss

i articoli di Cronache, c’è chi, a 17 anni dalla pubblicazione di Gomorra, si sta ancora chiedendo cosa abbia scritto Roberto Saviano in quel romanzo che non fosse già stato rivelato da Cronache e dagli altri giornali locali. O chi sia stato arrestato grazie alle “scottanti” rivelazioni dello scrittore.
Non è dato saperlo ma, qualcuno obietterà, Saviano ha avuto comunque il merito di far conoscere il fenomeno camorristico all’intera nazione e questo è di per sé cosa positiva, perché ha innalzato il livello di allerta sul fenomeno. Beh, alcuni autorevoli interventi sul fenomeno Saviano sono davvero illuminanti su quale sia stato, secondo i tecnici, il contributo dello “scrittore” alla lotta alla camorra e alla diffusione della cultura della legalità.
Prendiamo Catello Maresca, che da magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia (fu lui a catturare il boss dei Casalesi Michele Zagaria, dopo 16 anni di latitanza) spese queste parole in un intervento pubblico: «Direi a Saviano che nella terza edizione (della serie tv, ndr) si dovrà pensare anche a rappresentare un personaggio positivo: uno di quelli che combatte contro quell’orrore, altrimenti si fa un cattivo servizio. O almeno scriverei all’inizio, come si fa per le sigarette, nuoce gravemente alla salute, in modo che uno si rende conto del pericolo che può essere insito nella visione. Quello che rappresenta la serie è un orrore. Purtroppo è anche un errore narrativo; racconta una realtà senza rappresentare l’altra parte. Dispiace che non si ricordi alcun poliziotto o carabiniere».
Anche Federico Cafiero De Raho, all’epoca capo della procura di Napoli e oggi presidente della Direzione Nazionale Antimafia, dichiarò all’Ansa: «In Gomorra vediamo i camorristi che esercitano il potere della camorra e della violenza ma non si vede mai lo Stato che interviene, che reagisce e reprime. Non si vede mai un professore né un alunno, qualcuno che si impegna, non si vedono le associazioni. Ma che realtà è quella? E’ una realtà che dimostra effettivamente quello che avviene sui territori o è solo un settore per far conoscere cosa è la camorra? Ma se così è, quel settore deve necessariamente integrarsi con tutti gli altri settori: cultura, repressione, prevenzione, associazionismo, scuola».
Netto anche il giudizio del procuratore Antimafia Nicola Gratteri, quando fu messa in onda la terza stagione: «Qualche grande personaggio che si definisce intellettuale dice che vogliamo censurare la cultura – dichiarò al giornalista Paolo Conti, del CorSera – Io invece sono preoccupato perché i bambini si nutrono di queste porcherie. Oltre a fare il magistrato, io sono seguito da migliaia di persone per le quali sono un modello. Ciò significa che devo stare attento a quello che dico e a quello che faccio. Se so che scrivendo un romanzo, una sceneggiatura o qualsiasi altra cosa posso nuocere al comportamento dei ragazzi quel prodotto non lo faccio, altrimenti sono uno spregiudicato o un ingordo che vuole solo guadagnare soldi. Negli ultimi tempi, dagli eroi positivi destinati alla sconfitta si è passati ai boss protagonisti di storie più o meno ispirate a fatti veri. Vediamo un mondo abitato da paranze assetate di sangue, senza alcun margine di redenzione. Alla fine, i personaggi positivi sono uomini di potere, uomini di parola e uomini che sanno imporsi. Ma sempre criminali».
Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto e capo della Dda di Napoli, non fu meno diretto: «Gomorra è una rappresentazione tranquillizzante, limita la percezione del nostro fenomeno mafioso. La camorra oggi dovrebbe essere rappresentata per quello che è, molto diversa da dieci anni fa. Fornire quella rappresentazione folcloristica è pericoloso».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

E di Silvio Berlusconi non ha mai parlato

NAPOLI (uc) – C’è un personaggio, nell’epopea di Roberto Saviano, che ha tenuto sempre una posizione molto defilata. Era il Cavaliere Silvio Berlusconi. Ogni tanto i due fingevano una scaramuccia. Poi però un occhio più attento notava che nessuno dei due pestava i piedi all’altro. Lo scrittore plagiario, per qualche ragione, non ha mai fatto riferimento al ruolo di Silvio rispetto alla Arnoldo Mondadori Editore, che ha pubblicato il suo primo romanzo, “Gomorra” e che ancora oggi è coinvolta nel processo civile per plagio insieme a lui. Non ha mai detto, Saviano, che Berlusconi comprò la casa editrice (per poi controllarla attraverso la Fininvest) grazie alla corruzione di un giudice della Corte di Appello di Milano, nel 1991. Vicenda per la quale la Fininvest è stata condannata dalla Cassazione, nel 2013 a pagare 495 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. Non ha mai fatto riferimento, Saviano, all’iscrizione di Berlusconi alla loggia massonica P2 del “Venerabile Maestro” Licio Gelli, né ai rapporti tra Berlusconi e la Mafia siciliana. Non ha mai rinfacciato al suo editore la presenza del boss Vittorio Mangano nella villa di Arcore. Né ha mai messo i suoi fans al corrente dell’incontro tra Berlusconi, Marcello Dell’Utri e i capimafia Francesco Di Carlo, Stefano Bontate e Mimmo Teresi, ritenuto “pienamente confermato” dalla Corte di Cassazione nel processo a Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Non ha mai parlato della recente inchiesta del Fatto Quotidiano e di Massimo Giletti, basata sulle dichiarazioni del boss Giuseppe Graviano (condannato per le stragi del 1992/1993, comprese quelle in cui rimasero uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Dichiarazioni che fanno diretto riferimento a un rapporto strettissimo tra Berlusconi e Cosa Nostra sin dagli anni ’70. Eppure lo “scrittore” è andato a parlare di Falcone e Borsellino addirittura al Festival di Sanremo.
Insomma, da una parte Saviano ha sempre glissato sull’incredibile “palmarés” di Berlusconi, dall’altra (guarda caso) attacca in continuazione i giornali che gli hanno fatto causa per plagio e che lo hanno fatto condannare in via definitiva.
Oddio, non è che attacchi solo Cronache. Spessissimo se la prende con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Guarda caso proprio coloro che, nella coalizione di centrodestra, hanno portato la Lega e Fratelli d’Italia a vette di consenso che ormai Forza Italia può solo sognare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome