Una nuova gang terrorizza Casal di Principe

CASAL DI PRINCIPE – C’è la mafia ‘alta’, quella invisibile, che si confonde tra i colletti bianchi, che si dedica ai grandi appalti, che dialoga con le alte sfere romane. E c’è la mafia ‘bassa’, animata da chi vive il territorio, che prova a controllare militarmente la provincia, che è impegnata a gestire piazze di spaccio, a trafficare auto di lusso e a estorcere denaro a commercianti e costruttori locali. Ed è proprio la mafia ‘bassa’, quella che i cittadini percepiscono in modo più netto, su cui gli inquirenti, negli ultimi anni, si sono maggiormente concentrati, ottenendo anche importanti risultati (in termini di misure cautelari e condanne): grazie al duro lavoro di polizia, carabinieri e fiamme gialle, sono riusciti a indebolirla. Retate su retate hanno spazzato via buona parte degli storici affiliati al clan dei Casalesi che, tornati liberi, attorniandosi di nuove leve, hanno riattivato quelle dinamiche malavitose, ormai tristemente note in Terra di Lavoro, che soffocano il tessuto economico.

.

Capillarità
Ma la mafia, ‘alta’ o ‘bassa’ che sia, ha sempre la stessa capillarità dell’acqua. Anche quando è poca riesce a spandersi e a occupare ogni spazio vuoto. Ed è quello che sta succedendo a Casal di Principe e dintorni. Ciò che è rimasto della mafia ‘bassa’ ha subito rioccupato le aree scoperte. E lo ha fatto (lo sta facendo), però, con truppe diverse. Da chi sono formate? Da giovanissimi del posto e da schiere di albanesi.

Il leader
A rappresentare il collegamento tra questo mini-esercito (abbastanza eterogeneo) e l’organizzazione storica, stando a quanto ricostruito finora dagli investigatori, c’è un 44enne di Casal di Principe: due suoi congiunti vennero arrestati per mafia nel 1992 (erano legati al bosso Francesco Bidognetti) e poi uccisi in un agguato poco prima che iniziasse il ventunesimo secolo.
Tra i sodali su cui potrebbe contare il 44enne ci sarebbero anche giovanissimi che negli ultimi mesi sono finiti nei gangli della giustizia perché protagonisti di gravi episodi di violenza avvenuti in città.

Le attività criminali
A rappresentare il core business di questo nuovo gruppo sarebbero i furti in appartamento e i ‘cavalli di ritorno’. Alcuni cittadini, dopo che le loro abitazioni erano state svaligiate, si sarebbero recate dal 44enne e, magicamente, la refurtiva sarebbe riapparsa (avrebbero pagato per riaverla).
La compagine si sarebbe inserita anche nel mercato della droga, dato che chi lo stava gestendo direttamente in nome dei Bidognetti e degli Schiavone è stato messo fuori gioco dall’indagine, coordinata dalla Dda di Napoli, che lo scorso novembre ha fatto scattare 37 misure cautelari.

La forza straniera
Il fatto che nella gang abbiano un ruolo importante gli albanesi va a confermare il trend (recentemente riscontrato dalla Squadra mobile di Caserta anche sul territorio di S. Maria C.V.) che a vestire i panni di operativi nelle nuove consorterie criminali non ci sono più gli italiani, ma gli stranieri. Per quale ragione? Sarebbero più propensi a intraprendere azioni violente (…a picchiare, a sparare) e, cosa importante, soprattutto nei periodi di crisi, per ogni impresa (pure per quelle malavitose), richiederebbero dei costi di mantenimento inferiori rispetto a quanto pretenderebbero gli italiani.
Uno scenario preoccupante, che pesa sulla quotidianità dei cittadini (non che sia più impattante della ‘mafia alta’, è soltanto più visibile). Ma si tratta di una situazione nota agli investigatori e sulla quale stanno già lavorando.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome