Appalti e camorra a Caserta, trovate le bustarelle

CASERTA – Decine e decine di smartphone, pendrive e computer. Ma anche tantissimi documenti: atti societari, delibere dell’Asl, contratti, appunti, visure, assegni, carte prepagate, lettere e copie di bonifici. Con le perquisizioni eseguite dai carabinieri il 4 ottobre scorso è stata ‘pesca grossa’. E nella rete sono finiti anche contanti. In totale poco più di 64mila euro il cash trovato.
A disporre i controlli in abitazioni e uffici di 28 persone è stato il pubblico ministero Maurizio Giordano della Dda di Napoli, titolare dell’inchiesta incaricata di far luce sul sistema che ruoterebbe attorno a Nicola Ferraro, imprenditore di Casal di Principe (che da anni ha messo tende ad Arienzo) ed ex consigliere regionale dell’Udeur. In cosa consisterebbe? Ferraro, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe infiltrato in Comuni e aziende sanitarie alcune società a lui riconducibili attive nei settori dell’igiene urbana e della sanificazione di ambienti ospedalieri. Sfruttando la sua fitta trama di relazioni, fatta da politici e funzionari, costruita pure grazie al proprio peso mafioso e ai collegamenti con cosche partenopee, sarebbe stato in grado di far ottenere a ditte a lui collegate o ad imprese amiche numerosi appalti pubblici. E parte dei soldi guadagnati sarebbero stati destinati, affermano i carabinieri, proprio al clan dei Casalesi. Una tesi a cui la Direzione distrettuale antimafia di Napoli proverà a dare solidità con gli elementi che spera di trovare nell’ingente mole di materiale sequestrato.
Tornando ai contanti, sono stati trovati dai militari del Nucleo investigativo di Caserta a casa di Anna Lanzuolo, 62enne di Casoria, moglie di Domenico Romano, 60enne di Casalnuovo di Napoli, ritenuto dalla Dda, insieme a suo zio Vincenzo Agizza, 70enne di Napoli, uomo di fiducia di Ferraro (e in passato imprenditori di riferimento del clan Nuvoletta). I militari hanno trovato due buste: una contenente banconote di vario taglio per un valore complessivo di 1.540 euro e l’altra con all’interno 7.120 euro. C’era contante pure nell’abitazione casertana dell’imprenditore Luigi Rea, 49enne: gli investigatori hanno trovato 36.350 euro. Luigi Rea e il fratello Giuseppe, 41enne, anche lui coinvolto nell’inchiesta, sono attivi nel settore della sanificazione sanitaria e, stando a quanto sostenuto dalla Dda, molto legati a Ferraro e pure a Luigi Bosco, ex consigliere regionale anch’egli coinvolto nell’indagine. Nella disponibilità del politico di Casapulla, i carabinieri hanno trovato alcuni atti della Uniced, società in cui hanno incarichi i Rea, dichiarazioni indirizzate dal direttore generale dell’Asl di Caserta, un appunto riguardante la ditta Resa srl e un altro relativo a una gara d’appalto della pubblica illuminazione. Soldi sono stati trovati pure a casa di Davide Gallo, 61enne di Caserta: aveva 20mila euro in contanti.
L’indagine, ancora in corso, si sta dedicando anche alle presunte ingerenze che Nicola Ferraro avrebbe compiuto nel settore della raccolta rifiuti attraverso, stando all’ipotesi investigativa, la Czeta, società riconducibile ad Aniello Ilario, 56enne, e a Carlo Ilario, 30enne, entrambi residenti a Rotondi. In relazione agli appalti affidati proprio alla Czeta sono finiti sotto inchiesta pure Giuseppe Guida, sindaco di Arienzo, e Angelo Ciampi, primo cittadino di San Giorgio del Sannio.
Nell’elenco delle persone indagate e sottoposte a perquisizione figurano anche Crescenzo Castiello, 60enne di Brusciano, Carlo Ciummo, 36enne di Cassino, amministratore della Super Eco, società che si occupa della raccolta rifiuti, nata dalle ceneri della Eco Ego del padre Vittorio, 63enne, Dario De Gregorio, 51enne di Napoli, Gabriele D’Annunzio, 43enne di Maddaloni, Pietrapolo Ferraiuolo, 77enne di Casal di Principe, zio di Nicola e Luigi Ferraro (quest’ultimo, per la Dda, spalleggiava il fratello nella gestione degli affari illeciti), Eugenia Iemmino, 43enne di Poggiomarino, Antonio Innocente, 52enne di Maddaloni, Antonio Montanino, 52enne di Pastorano, patron dell’Artemide Global Service, Antonio Moraca, 68enne di Capua, agente di commercio di prodotti per la sanificazione e procacciatore d’affari, Nicola Mottola, 46enne di Lusciano, e Paolo Onofrio, 62enne di Napoli, che avrebbe partecipato a diversi incontri avuti da Fucone con imprenditori e politici, Giuseppe Rubino, 64enne di Capua, direttore della Tineo srl, e Massimo Sibilio, 45enne di Pomigliano d’Arco, funzionario della Soresa (società controllata dalla Regione Campania).
Quello finora tracciato dalla Procura di Napoli è uno scenario complesso, che evidenzierebbe un patto tra i Ferraro, imprenditori in odore di camorra, altri uomini d’affari radicati tra Caserta e Napoli, politici e funzionari: un accordo siglato, ritiene l’Antimafia, per accaparrarsi appalti pubblici. Ma si tratta soltanto di uno schema preliminare: quelle contenute nel decreto che ha autorizzato le perquisizioni sono solo ipotesi investigative che dovranno essere approfondite. Non è da escludere che il proseguo dell’investigazione faccia emergere l’estraneità degli attuali indagati (da ritenere tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna) alle condotte illecite tracciate. Un notevole impulso all’indagine, logicamente, potrà essere fornito proprio dall’analisi del materiale sottoposto a perquisizione.

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