CASAL DI PRINCIPE – Anche dietro le sbarre, Gianluca Bidognetti, detto Nanà, figlio di Cicciotto ‘e mezzanotte, padrino dei Casalesi, avrebbe continuato a guidare la cosca. Stando alla tesi del magistrato Maurizio Giordano, avrebbe impartito ordini ai suoi affiliati mentre si trovava nel reparto di alta sicurezza di Terni (ora è al 41 bis). Come? Utilizzando telefoni cellulari che illegalmente circolavano nella prigione, attraverso i colloqui con i familiari e anche con una considerevole quantità di lettere indirizzate a parenti e a individui legati alla mafia dell’Agro avesano.
Sono proprio queste corrispondenze epistolari che hanno attirato particolarmente l’attenzione della Procura di Napoli. Il pubblico ministero, nel corso del processo, con rito abbreviato, che vede imputati Bidognetti jr e altri 30 imputati, ha indicato queste missive come strumento per veicolare messaggi all’esterno. In particolare, sono state messe sotto esame le corrispondenze intercettate tra Nanà e Emilio Martinelli, alias ‘o barone (figlio di Enrico, killer dei Casalesi e, secondo una recente indagine dei carabinieri, ora al vertice di una nuova cosca – ma, ad oggi, è solo un’ipotesi investigativa).
Il magistrato ha ritenuto significative pure le lettere inviate da Bidognetti jr al cognato Vincenzo D’Angelo, che collabora con la giustizia dal dicembre scorso, alla sorella Teresa Bidognetti e a Carlo D’Angelo, compagno di Katia, altra sorella di Gianluca. La Procura ha ulteriormente focalizzato l’attenzione sulle lettere spedite a Nicola Kader, presunto capozona dei Bidognetti sul Litorale, alle 39 lettere inviate ad Antonio Lanza, che, prima di pentirsi, avrebbe rappresentato la compagine mafiosa a Lusciano e a Parete. L’intenso scambio epistolare con il padre Francesco non è passato inosservato: ben 51 lettere quelle inviate da Gianluca al boss. Mentre, solo due le lettere destinate a Federico Barrino: quest’ultimo, per gli investigatori, era l’addetto a ricevere le chiamate ‘illegali’ effettuate da Bidognetti dal carcere. Il pubblico ministero ha inoltre messo in luce le lettere inviate da Nanà a Nicola Di Martino, Antonio Corvino e Vincenzo Letizia.
Ad innescare il processo a carico di Nanà e degli altri 30 imputati è stata l’indagine, realizzata dai carabinieri, che ha puntato a smantellare le cosche Bidognetti e Schiavone. Inchiesta che nel novembre dell’anno scorso è sfociata in 34 misure cautelari.
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