MARCIANISE – Ammanettati dalle fiamme gialle di Caserta, con l’accusa di estorsione, Ivano Belforte, 20enne, nipote dei boss dei Mazzacane (Salvatore e Mimì), e Mattia Larino, 22enne di Macerata Campania,
Stando a quanto sostenuto dagli investigatori, il 20enne, figlio di Benito Belforte, avrebbe minacciato una persona di San Prisco affinché restituisse i soldi, con interessi, che gli aveva prestato. “Ti sparo”, “Vengo fino a casa tua e ti spacco la testa”, “Ti aspetto sotto casa e vedi cosa succede questa notte se non mi ridai i soldi”: sono alcune delle frasi che il giovane Belforte avrebbe rivolto alla vittima. Il marcianisano, inoltre, secondo la ricostruzione dei fatti svolta dagli investigatori, si era recato in diverse occasioni anche presso l’abitazione della persona di San Prisco e in una circostanza lo avrebbe minacciato con una pistola. I finanzieri, a sostegno della loro tesi, hanno inserito nel fascicolo di indagine vari messaggi che il 20enne aveva inviato dal suo cellulare alla vittima mercoledì scorso: “Vedi di racimolare i soldi, altrimenti vengo a casa, ti butto il portone a terra”. “Ti schiaccio la testa questa sera se non mi paghi i soldi”.
Qualche ora dopo quegli avvertimenti, Belforte incontrò di persona la vittima in piazzale Caduti di Nassiriya, a San Prisco: in quella circostanza avrebbe cercato di caricarla nella sua vettura e una volta riuscito nell’intento, la portò in un luogo isolato dove si fece dare 100 euro come acconto per il prestito che aveva ricevuto. A Larino viene contestata l’estorsione in concorso perché avrebbe accompagnato il nipote del boss in questa ipotizzata spedizione a San Prisco.
Belforte è sotto indagine anche per usura e, ancora insieme con Larino, di droga: nell’auto su cui viaggiavano, infatti, sono stati trovati 1,6 grammi di hashish e materiale per il confezionamento.
Nelle scorse ore, il giudice Rosaria Dello Stritto del Tribunale di S. Maria C.V., su richiesta del pubblico ministero Giacomo Urbano, ha convalidato gli arresti. Per Belforte è stato disposto il carcere, per Larino i domiciliari.
A seguito dell’interrogatorio a cui si è voluto sottoporre il nipote del boss, il giudice ha ritenuto, però, reticente l’atteggiamento della persona offesa, ritenendo poco credibile che a fronte di un prestito iniziale di 130 euro, la cifra che Belforte avrebbe versato, la somma sarebbe lievitata in pochissimo tempo fino a superare i 1400 euro. Circostanza che l’ha spinta a ritenere che la causa economica dei rapporti tra Belforte e vittima è diversa da quella del prestito usurario. Nonostante questo aspetto, ha ritenuto che la violenza con cui l’imputato, supportato da Larino, avrebbe agito, ‘sconfini’ dall’ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, configurando così il reato di estorsione. E per tale ragione, il carcere, tenuto conto delle attitudini mostrate dal giovane marcianisano, è stato ritenuto l’unica misura applicabile. Belforte è assistito dall’avvocato Nicola Musone, Larino dai legali Luca Viggiano e Antonio Simoncelli. Logicamente, i due indagati sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale richiesta di condanna irrevocabile. Nel momento dell’arresto, le fiamme gialle, oltre alla droga, hanno trovato e sequestrato nell’auto su cui erano a bordo i due indagati, un telefonino e due borsoni: in uno c’erano un paio di scarpe Nike, nell’altro una pistola giocattolo.
Non è la prima volta che Ivano Belforte diventa protagonista della cronaca giudiziaria. Lo scorso gennaio venne raggiunto insieme al fratello Salvatore e al padre Benito dal foglio di via da Capodrise. Venne notata la loro presenza sui carri allestiti per festeggiare il Carnevale e la polizia ritenne che ciò indicasse una chiara manifestazione della forza intimidatrice del clan, tipica del potere criminale, e che dava “luogo a una condotta pregiudizievole per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nell’ambito delle festività”.
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