La Procura ipotizza un sistema corruttivo che prevedeva l’affidamento di lavori da parte degli amministratori per ottenere utilità, per mezzo di “atti illegittimi e a volte falsi”. Lo ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri Manuel Scarso a margine della conferenza stampa tenuta ieri mattina in Procura a Santa Maria Capua Vetere. In cambio gli amministratori “ottenevano vari favori e utilità come lavori svolti presso le proprie abitazioni” o con l’imposizione di acquisto di materiali edili presso rivendite di loro proprietà.
Per gli affidamenti si è fatto ricorso al collaudato strumento dello “spacchettamento”: per non superare la soglia oltre la quale è obbligatorio ricorrere all’appalto, gli interventi venivano divisi e affidati direttamente, in particolare per la manutenzione di verde pubblico, plessi scolastici e canile comunale. Secondo quanto è emerso dalle indagini, ha aggiunto Scarso, in alcuni casi i lavori erano già iniziati o addirittura conclusi prima che fossero approvati gli atti relativi e pagati alle imprese per intero e non in percentuale.
Nel corso dell’inchiesta è emerso un conflitto fra gli interessi pubblici e quelli privati con un “mercimonio del voto”, secondo quanto ha affermato il procuratore della Repubblica Pierpaolo Bruni. I provvedimenti sono arrivati grazie a “un attento monitoraggio di collusioni destinate alla gestione di affidamenti di lavori in cambio di promesse o utilità di ogni tipo”, secondo il sostituto procuratore aggiunto Carmine Renzulli.
I comandanti del reparto operativo Salvatore Sferlazza e del nucleo investigativo Gianluca Galiotta hanno spiegato che gli inquirenti si sono avvalsi di una piattaforma informatica e di accertamenti patrimoniali sulla Edil Marzo: l’azienda vide aumentare i propri affari dopo la nomina dell’assessore, con una crescita delle vendite del 250%. Un exploit che fu contestato dalle stesse imprese concorrenti.