CESA – Sono ore di duro lavoro per i carabinieri: stanno passando al setaccio le vite delle vittime e del presunto carnefice per trovare un movente che non sia quello della banale e tragica lite nata per motivi di viabilità e sfociata nel sangue.
Se la responsabilità di Antonio Mangiacapre nell’assassinio dei fratelli Marco e Claudio Marrandino, consumatosi sabato scorso, poco dopo le 14, è tracciata, per la Procura di Napoli Nord, da elementi investigativi solidi, il perché di questo gesto, invece, a poche ore dall’udienza di convalida che affronterà l’indagato, resta ancora un mistero.
Al momento Mangiacapre, operaio 53enne, originario di Cesa, proprio come chi avrebbe ucciso, ma residente a San Cipriano d’Aversa, si trova nel carcere ‘Francesco Uccella’ di S. Maria Capua Vetere. Al pubblico ministero Antonio Vargara, titolare dell’inchiesta, poco dopo che venne bloccato nella clinica Pineta Grande, raccontò che con gli spari allo svincolo della Nola-Villa Literno per Succivo non c’entrava. Se la sua macchina si trovava lì, nel territorio di Orta di Atella, è perché gli era stata rubata mentre percorreva la SS 7 bis nei pressi dell’uscita per Frignano. Insomma, era una vittima. Era stato rapinato. Ricostruzione che non ha convinto il magistrato che ha emesso per lui il fermo.
Come già scritto ieri, l’ipotesi dell’appuntamento tra i fratelli e il sanciprianese d’adozione non convince gli investigatori. Finora, dalle prime analisi svolte sui telefonini sequestrati, non sono emersi contatti. Anche se si attendono ulteriori esami che potrebbero dare, logicamente, nuovi elementi.
In aggiunta possiamo dire oggi che sulla Golf guidata da Mangiacapre era attivo un Gps grazie al quale è stata potuto documentare il percorso fatto il giorno degli omicidi: la macchina partiva dalla sua abitazione sanciprianese per arrivare, senza soste, allo svincolo della SS7 bis per Succivo dove ha intercettato la Bmw con a bordo i fratelli.
Quello della lite stradale è uno dei possibili moventi, ad ora il più logico in base alle prove raccolte. Ma i carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa stanno valutando anche altre piste. Escluderne qualcuna, adesso, è impossibile. C’è quella che collega il delitto a potenziali questioni lavorative: Claudio gestiva un’impresa edile insieme agli altri due fratelli (Giovanni e Vincenzo) E la loro è una ditta che lavora spesso oltre i confini della Campania. Non si sottovaluta neppure la sfera privata delle due vittime: potrebbero aver avuto delle tangenze, dirette o indirette, con quella del sanciprianese o con qualche suo conoscente.
È la meno probabile, ad oggi, ma c’è da esplorare anche la pista mafiosa. I Marrandino sono cugini di Lorenzo Ferriero, testimone di giustizia che con le sue dichiarazioni ha aiutato la Dda a far condannare diversi malavitosi, e di Michele Ferriero, esponente della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, in particolare del gruppo cesano dei ‘Caterino-Ferriero’: ora si trova ai domiciliari a Milano. I Ferriero sono stati protagonisti di una sanguinosa guerra di camorra con un’altra compagine mafiosa, quella dei Mazzara. Ed uno degli storici esponenti di questa cosca antagonista ai Ferriero è uscito dal carcere pochi giorni fa; si tratta di Amedeo Mazzara. I Marrandino (estranei a contesti camorristici) sono stati assassinati per ‘far male’ ai Ferriero? Contestualizzare gli assassini in un quadro del genere è un po’ azzardato e per ora, infatti, non sono stati individuati elementi in grado di creare potenziali link. Ma, come detto, nessuna pista può essere per ora esclusa. Logicamente ad Amedeo Mazzara non viene contestato alcun reato connesso agli omicidi e per quanto ci risulta ne è totalmente estraneo.
Finora Mangiacapre si è professato innocente. Questa mattina, nel corso dell’udienza di convalida del fermo, emesso dalla Procura di Napoli Nord, si saprà se continuerà su questa linea o ammetterà di essere stato lui a far fuoco. E in quel caso, magari, potrà pure dire eventualmente il perché, ammesso che sia stato effettivamente lui, dell’uccisione dei Marrandino.
Ad incastrare Mangiacapre, assistito dall’avvocato Paolo Caterino, ci sono i carabinieri della pattuglia della Compagnia di Marcianise che si è trovata a passare a poca distanza dal raid di piombo. Hanno visto un uomo, che ritengono essere proprio Mangiacapre, prima litigare a distanza mentre si trovava nella sua auto, poi scendere, strattonare Claudio, accomodato sul sedile passeggeri della Bmw bianca, e fare fuoco con la pistola. Dopo aver freddato il 29enne ha mirato a Marco, che si trovava al volante della vettura. Ferito, l’avvocato aveva tentato di fuggire, ma è stato un tentativo vano. L’assassino ha esploso un altro proiettile che ha raggiunto il legale alla schiena. Colpo fatale. Dato sfogo alla rabbia omicida, Mangiacapre avrebbe puntato l’arma all’indirizzo del capo servizio della pattuglia, che si stava avvicinando alle due vetture dopo aver sentito le urla. Il militare ha sparato, ma senza colpire chi poco prima aveva fatto fuoco contro i Marrandino. A questo punto Mangiacapre si è rimesso in macchina e fatto perdere le sue tracce. L’auto è stata ritrovata nella periferia di Cancello Arnone, lui, invece, si sarebbe fatto accompagnare da un familiare al pronto soccorso di Pineta Grande dove è stato raggiunto dai militari e arrestato.
A rappresentare i familiari delle vittime sono gli avvocati Luigi Marrandino e Luigi Poziello.
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