Fratelli Marrandino uccisi. Dopo gli omicidi Mangiacapre ha fatto tappa nell’azienda del cognato

All’allevatore (non indagato) aveva raccontato di essere stato rapinato sulla Nola-Villa Literno

CESA – Dopo aver assassinato i fratelli Claudio e Marco Marrandino, si è rimesso in auto, imboccando la Nola-Villa Literno e riuscendo a seminare la pattuglia dei carabinieri che lo stava inseguendo. Antonio Mangiacapre, operaio 53enne difeso dall’avvocato Paolo Caterino, ha avuto la freddezza di eliminare il 29enne e il 39enne di Cesa, rendendosi protagonista di un’azione dal sapore militare, ed è stato anche capace di sfuggire all’immediata cattura.

Antonio Mangiacapre
Antonio Mangiacapre

La sua auto (su cui era installato il gps della compagnia assicurativa) è stata trovata successivamente nella periferia di Cancello Arnone. Lasciata lì, Mangiacapre, dove è andato? Qualcuno lo ha accompagnato al Borgo Appio, frazione di Grazzanise. L’uomo, originario di Cesa come le sue vittime, ma che vive a San Cipriano d’Aversa, ha raggiunto l’azienda agricola del cognato e qui avrebbe detto che era stato vittima di una rapina: gli avevano preso l’automobile all’altezza dell’uscita della SS 7 bis per Frignano (questa è la prima versione raccontata agli investigatori da Mangiacapre). Successivamente il parente lo avrebbe messo nella sua auto per accompagnarlo alla stazione dei carabinieri per denunciare la rapina, ma durante il tragitto Mangiacapre ha accusato un malore e così è stato portato al pronto soccorso di Pineta Grande, clinica situata a Castelvolturno.
Nel frattempo i carabinieri erano andati a casa del 53enne e mentre erano lì hanno appreso che si trovava con il cognato a Castelvolturno.

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I militari hanno sequestrato anche le immagini riprese dalla videosorveglianza presente nell’azienda agricola e il telefonino del cognato di Mangiacapre. L’uomo, G.G., seguito dall’avvocato Matteo Mirra, al momento non risulta indagato. È possibile che realmente non fosse a conoscenza di ciò che aveva fatto il 53enne.

Diversi i punti di questa tragica vicenda ancora da chiarire: chi da Cancello Arnone ha accompagnato l’operaio a Borgo Appio? E chi lo ha fatto era consapevole di quanto poco prima aveva compiuto?

Claudio e Marco Marrandino
Claudio e Marco Marrandino

Al giudice Vincenzo Saladino del Tribunale di Napoli Nord, nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, Mangiacapre, che si trova ora nel carcere di S. Maria Capua Vetere, ha riferito che se ha sparato è perché con i Marrandino aveva litigato per questioni di viabilità: la Bmw bianca dei due di Cesa si era fermata, percorsa la curva dello svincolo per Succivo della Nola-Villa Literno (in territorio di Orta di Atella), sul senso di marcia opposto a quello che avrebbero dovuto percorrere. E dopo poco è arrivato lì Mangiacapre. Ma perché il 53enne girava il sabato, poco dopo l’ora di pranzo, con una semiautomatica in auto? Basta a giustificare questa scelta il fatto che fosse un appassionato di armi e un frequentatore assiduo dei poligoni? In casa l’operaio non avrebbe potuto detenere armi (la licenza gli venne tolta a seguito dei litigi con i vicini), e invece ne aveva, e tra queste c’era anche un fucile con matricola abrasa.

I carabinieri del Gruppo di Aversa, coordinati dal pubblico ministero Antonio Vergara della Procura di Napoli Nord, stanno continuando ad indagare su Mangiacapre e sulle sue possibili relazioni, dirette o indirette, con i Marrandino. Il Gip, nel convalidare l’arresto, ha fatto emergere dubbi sul movente riferito dal 53enne. E anche per questo la Procura e i carabinieri vogliono vederci chiaro. Sotto la lente dei militari ci sono anche i dispositivi informatici e i telefoni di altri familiari di Antonio Mangiacapre.

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