L’inchiesta. Le mani di Cerreto sul cimitero di Caserta

Monitorati dai carabinieri i suoi incontri con Biondi nei pressi del camposanto. I due rischiano l’arresto per turbativa d’asta

CASERTA – Non solo la gestione degli appalti del verde pubblico: l’imprenditore Francesco Cerreto, patron della ditta Opera, sostengono i carabinieri, avrebbe esteso i suoi tentacoli anche su alcuni affari connessi al cimitero.
La recente attività dei militari dell’Arma, infatti, ha tracciato la sua abitudine, quasi quotidiana, di stazionare nei pressi del camposanto di Caserta città e di quello della frazione di Casola, stringendo una collaborazione con Francesco Galileo, titolare della FG Costruzioni. Questa intesa, ipotizzano gli investigatori, gli avrebbe consentito di diventare un punto di riferimento per i cittadini che hanno bisogno di tumulazioni e altri servizi connessi al camposanto. Inoltre, sfruttando il legame che avrebbe stretto con Francesco Biondi, ingegnere e dirigente (tra i più quotati, dice l’accusa) del Comune di Caserta, è stato capace di assoggettare, secondo la tesi dei carabinieri, Gaetano Di Tora (non indagato), responsabile del cimitero, e proprio Galileo, al punto che controllava l’operato della ditta di quest’ultimo.
L’inchiesta dei carabinieri ha spinto la Procura di S. Maria Capua Vetere a chiedere l’arresto cautelare per Cerreto, Biondi e altri 12 indagati (23 in totale gli inquisiti).

Se sono stati accesi i riflettori sul patron di Opera è perché la sua figura è emersa mentre i militari investigavano su un presunto sistema illegale che aveva in Giuseppe Fazzone, 54enne, il vertice: tale struttura avrebbe controllato in modo illecito la distribuzione degli appalti per la manutenzione del verde pubblico a San Nicola La Strada. Sono state registrate svariate conversazioni, grazie all’utenza messa sotto controllo riconducibile a Fazzone, dalle quali, ipotizza l’accusa, è saltato fuori che l’omologo del sannicolese sul territorio di Caserta sarebbe stato proprio Cerreto: insomma, lui l’uomo d’affari ritenuto a guida di un meccanismo (come quello attivo a San Nicola) che, grazie alla complicità di dipendenti del Municipio e altri imprenditori, riusciva a manipolare gli affidamenti. Se Fazzone avrebbe avuto come uno dei suoi principali ganci in Comune Giulio Biondi, 66enne, responsabile dell’area Tecnica di S. Nicola La Strada, ora in pensione, Cerreto, invece, si interfacciava, per avere, in pratica gli stessi aiuti che aveva Fazzone, con Francesco Biondi, 62enne, responsabile del settore Urbanistica e Lavori pubblici a Caserta (è il fratello di Giulio). Anche i Biondi, così come Cerreto e Fazzone, rischiano di essere sottoposti a misura cautelare (se disporla o meno, deciderà il gip Alessia Stadio del Tribunale di S. Maria Capua Vetere).

Tema principale dell’indagine, come detto, sono gli appalti per il servizio di manutenzione del verde pubblico gestiti da Caserta e San Nicola La Strada (non ci sono, almeno per ora, imputazioni connesse al cimitero della città capoluogo). Un presunto patto criminale tra imprenditori, politici e tecnici che avrebbe permesso di manipolare le procedure e farle assegnare a determinate società, danneggiando così quelle aziende che erano intenzionate a partecipare seguendo le norme. La Procura di S. Maria Capua Vetere, diretta da Pierpaolo Bruni, grazie al lavoro svolto dai carabinieri, ritiene di essere riuscita a decifrare il meccanismo che, almeno dal 2019 al 2021, gli indagati, con ruoli diversi, avrebbero usato per manipolare le procedure. Il primo step sarebbe consistito nello stilare una lista di aziende da invitare alle gare: si tratta di società che non avrebbero presentato alcuna offerta. In questo modo Fazzone e Cerreto sarebbero riusciti a far assegnare, senza intoppi, il lavoro alla ditta che avevano fin dall’inizio selezionato. Il secondo passaggio era appunto invitare formalmente queste aziende.
Preso atto del loro ‘silenzio’, affidare l’appalto a chi avevano pensato prima ancora che fosse stata pubblicata la gara diventava semplicissimo. E il nome di chi veniva scelto, e arriviamo così al terzo step, per vincere la procedura truccata, era il prodotto di quella che è stata definita dagli investigatori come una ‘ciclica turnazione’. Insomma, una rotazione tra imprese aderenti al sistema. Nel presunto meccansimo illegale casertano, Biondi avrebbe avuto una funzione centrale e Cerreto, a dimostrazione del presunto ruolo cardine ricoperto dall’ingegnere, lo indicava nelle sue chiacchierate intercettate come ‘capo’.

I carabinieri hanno documentato numerose conversazioni tra l’uomo d’affari e Biondi che avvenivano nei pressi del cimitero. I due, ipotizzano i militari, avrebbero evitato contatti telefonici preferendo vedersi di persona. In un caso, Cerreto si è recato proprio a casa di Biondi, circostanza che emerge da un dialogo tra l’uomo d’affari e un suo amico, nel corso del quale il primo dice al secondo che si trovava presso l’abitazione dell’ingegnere.

Ai 23 indagati, tutti da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, sono contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere, turbativa d’asta, falso e corruzione (ipotesi che viene contestata solo a Gaetano Mastroianni, Fazzone, Sepe, Francesco Biondi, Domenico Natale e Giulio Fappiano). Nel collegio difensivo, tra gli avvocati impegnati, Gennaro Iannotti, Giovanni Cantelli, Giuseppe Stellato, Vincenzo Iorio e Nello Sgambato.

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