Questa sera, Francesco D’Errico Quartet – “Ellington Prospect” al Wunderkammer

Venerdì 8 novembre ore 21.00, presso la Chiesa di Santa Caterina da Siena a Napoli, Wunderkammer inaugura la sua stagione musicale.

La rassegna della musica, nei luoghi più suggestivi della città, si apre con il Francesco D’Errico Quartet – “Ellington Prospect” – che vede: Francesco D’Errico – pianoforte, Giulio Martino – sax tenore, Piero Leveratto – contrabbasso, Ettore Fioravanti – batteria. Un evento in collaborazione con la Fondazione Pietà de’ Turchini, Il costo del biglietto intero è di 15 €. L’ingresso è gratuito, previa prenotazione, per i giovani al di sotto dei 28 anni.

Duke Ellington (1954) – presso lo studio radiofonico KFG, la stazione radio del Fitzsimons Army Medical Center.

Il concerto sarà dedicato al Duca del Jazz: Duke Ellington, attraverso un percorso tra scrittura e interpretazione con brani originali, che come gli interpreti sottolineano “lasciano lo stupore e la bellezza del mondo musicale di Ellington, e la rilettura attenta di alcune sue pagine, cercando un sentire che risuoni sincero e attuale”.

Duke Ellington, è nato il 29 aprile 1899 a Washington, D.C., è stato uno dei più grandi compositori e bandleader della storia del jazz. La sua carriera, durata oltre 50 anni, ha visto la creazione di migliaia di composizioni che hanno lasciato un’impronta indelebile nella musica jazz e oltre.

Ellington è stato un pioniere del jazz orchestrale, noto per la sua capacità di fondere vari stili musicali, come il blues, lo swing e la musica di derivazione europea, in composizioni complesse e articolate. La sua abilità nel creare melodie uniche, e nel padroneggiare le tessiture sonore, ritmi e forme compositive, ha prodotto un corpo di musica senza eguali nella storia del jazz.

Le composizioni di Ellington, come “Mood Indigo”, “It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing)” e “Sophisticated Lady”, sono diventate standard del jazz e hanno definito l’identità del genere. La sua capacità di scrivere sia pezzi brevi che suite estese, come “Black, Brown, and Beige”, ha elevato il jazz a un livello comparabile alla musica classica.

Ellington ha trattato ogni membro della sua orchestra come una voce unica, scrivendo parti specifiche per mettere in risalto i talenti individuali dei suoi musicisti. Questo approccio innovativo ha permesso di creare un suono orchestrale immediatamente riconoscibile, integrando elementi della musica classica nel jazz e ampliando le possibilità del genere.

L’eredità di Duke Ellington va oltre il jazz, influenzando la musica americana e ispirando generazioni di musicisti. La sua leadership carismatica e le sue composizioni inventive continuano a ispirare e a essere celebrate in tutto il mondo.

Ellington è stato insignito di numerosi premi, tra cui il Premio Pulitzer postumo per la musica nel 1999, e ha suonato in oltre 20.000 performance in tutto il mondo, la sua musica e il suo impatto culturale rimangono un faro di innovazione e creatività nella storia della musica e del jazz.

Ad omaggiare Ellington, ci saranno quattro protagonisti del Jazz italiano: al contrabbasso, il genovese Piero Leveratto; attivo sin dagli anni ’70, musicista versatile capace di valorizzare ogni contesto nel quale è stato chiamato a partecipare nel coro della sua prestigiosa carriera, nella quale vanta collaborazioni con i principali musicisti della scena italiana e internazionale come: cui Giorgio Gaslini, Pietro Tonolo, Massimo Urbani, Enrico Rava Maurizio Giammarco, Enrico Pieranunzi, Lee Konitz, Mal Waldron, Steve Grossman, Sal Nistico, Joe Chambers, Steve Lacy.  

Alla batteria Ettore Fioravanti, uno dei più sofisticati musicisti italiani, capace di poliritmie mai banali, e dotato di una grande sensibilità dinamica. Tra i suoi meriti anche quello di avere incoraggiato e lanciato le carriere di molti giovani jazzisti.

Fioravanti è nato a Roma il 18 maggio 1958, Le sue prime influenze musicali sono state le canzoni di Lucio Battisti, seguite da una full immersion nel progressive rock. Scopre in Sonny Rollins e Ornette Coleman il punto di connessione fra il grande jazz e la melodia, e in Max Roach il referente ideale di quella concezione.

Studia batteria con Fabio Marconcini, Gegè Munari e Bruno Biriaco,  negli Stati Uniti nel 1990, prende lezioni da Alan Dawson e Bob Moses.

Dal 1975, collabora con numerosi nomi del jazz romano come Massimo Urbani, Marcello Rosa, Eddy Palermo, Paolo Damiani, Riccardo Fassi e Antonello Salis. All’inizio degli anni ‘80 inizia la sua esperienza con il trio di Gianluigi Trovesi, col quale incide l’album “Dances” (1985), votato miglior album dalla rivista “Musica Jazz”. Nel 1984, intanto nasce, e diventa perno del “Paolo Fresu Quintet”, formazione ancora oggi attiva che ha inciso più di trenta CD e ha vinto nel 1990 il referendum di “Musica Jazz” come miglior gruppo e migliore disco (“Live in Montpellier”).

Nel 1989, Fioravanti pubblica il suo primo disco a suo nome, “Settecanzoni”, con la partecipazione del grande bassista Steve Swallow. A questo seguiranno altri 9 titoli, tra i quali “Traditori” (2014), che è stato inserito dalla rivista “Jazzit” fra i migliori dischi dell’anno.

Nel corso della sua carriera ha collaborato con artisti di primo piano come: Dave Liebman, Gianluigi Trovesi, Enrico Rava e Dave Douglas, consolidando la sua reputazione come uno dei batteristi più influenti del panorama jazzistico contemporaneo.

Il quartetto è capeggiato dal pianista Francesco D’Errico. Nato a Napoli nel 1962, è un musicista e compositore di jazz, dotato di un grande senso introspettivo, si muove da sempre in un confine che tocca il jazz e la musica di derivazione europea. Ha pubblicato venti CD a suo nome. Ha collaborato con artisti di fama internazionale come Eddie Gomez, Bob Moses, Marc Ribot, Evan Parker, Don Moye.

Al sassofono Giulio Martino, un musicista personale, dal fraseggio asciutto, e dotato di un interessante timbro di tenore. Attivo sin dalla fine degli anni ’80, ha dedicato con serietà e passione la sua vita al jazz. Si è formato alla scuola del mitico batterista Antonio Golino, ed ha arricchito il suo bagaglio grazie alle esperienze fatte con il mai troppo ricordato Franco Coppola, uno dei sassofonisti contralto più importanti del jazz italiano e Antonio Balsamo, contraltista e arrangiatore attivo a Napoli sin dagli anni ’70.

Martino attualmente insegna al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, e vanta collaborazioni importanti come quelle con: Eliot Zigmud, Steve Smith, Miroslav Vitous, Daniel Humair, Norma Winstone, Peter Herskine.

Abbiamo sentito alcuni dei protagonisti del concerto, e gli abbiamo posto qualche domanda, per meglio precisare il contesto storico e musicale della performance:

A Giulio Martino abbiamo chiesto:

Quali sono le difficoltà nel suonare brani di Duke Ellington, e quali le caratteristiche delle sue composizioni?
Ho sempre amato la musica di Ellington, compositore ed arrangiatore tra i più grandi del 900. La tua domanda mi ha fatto pensare però che ho suonato più spesso la musica di Billy Strayhorn. A detta di Duke, Strayhorn è stato molto più di un arrangiatore, più del suo braccio destro. Era il suo cuore, la sua mente. Ho suonato e registrato brani tipo Chelsea bridge, Isfahan in Soul eyes con Iodice e Goglia). La complessità armonica del brano è giustificata dalla grande forza della melodia e trovo sempre nuovi stimoli improvvisativi nel suonarli. Bellissimo il disco di Joe Henderson sulla musica di Billy Strayhorn.

Come avete lavorato per preparare questo concerto?
Il concerto nasce dall’idea di Francesco D’Errico, di proporre questo quartetto per una importante rassegna jazz a S. Cecilia a Roma. Ha pensato ai brani, inserito degli originali di ispirazione ellingtoniana e lasciato ai componenti del quartetto la libertà di interpretarli, in totale spirito jazzistico.

Improvvisazione e parti scritte: come e in quali proporzioni sono sviluppare e presenti nella performance che avete preparato?
Improvvisazione! Parti scritte ridotte al minimo. Credo che l’esperienza e la maturità di tutti i componenti il quartetto rappresenta una risorsa da sfruttare. Non ho assolutamente idea di come suoneremo stasera e questo, come ben sai, è affascinante e divertente.

A Francesco D’Errico abbiamo chiesto:

Come nasce l’idea di questo progetto?

L’idea è nata da una proposta del festival jazz del Conservatorio di Santa Cecilia de Roma, curato da Carla Marcotulli: dedicare l’edizione del 2024 a Duke Ellington nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa.

Ho avuto così l’opportunità di formare questo gruppo coinvolgendo, oltre a Giulio Martino al sax, Ettore Fioravanti alla batteria e Pietro Leveratto al contrabbasso straordinari musicisti e colleghi “di scuola”.

I brani li ho scelti tra quelli che ritengo più vicini alla mia estetica musicale e che mi sembravano più adatti a questo nostro quartetto, e non è stato difficile data la ricchissima e splendida produzione del grande Duke Ellington.

inserite nel repertorio del concerto ci sono anche alcune mie composizione inedite scritte in omaggio al Duca, cercando così una cifra simile ad alcuni aspetti del suo mood, alle atmosfere dei suoi brani sia dal punto di vista formale che emotivo”.

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