Svelati nuovi dettagli dell’inchiesta Magliocca: la gola profonda racconta il presunto patto con Zannini per la gestione dei fondi regionali destinati ai servizi sociali

La tesi degli investigatori: volevano mettere a guida dell’Ambito C9 il piccolo Comune di Rocchetta e Croce per non attirare l’attenzione della Procura

CASERTA – Destra, sinistra, forzisti, leghisti, meloniani, dem, grillini. Chi, negli ultimi anni, ha conquistato il dominio politico della provincia di Caserta ci è riuscito svuotando di significato queste categorie. Come? Riducendo tutto a patti elettorali trasversali, a dir poco eterogenei e basati su forti personalismi (il trionfo del culto dell’io). Ed è nata così la stagione di Giovanni Zannini, consigliere regionale di Mondragone, e di Giorgio Magliocca, sindaco di Pignataro Maggiore e presidente della Provincia di Caserta (cariche che ha lasciato lo scorso novembre).

La rete di amministratori alleati che i due sono riusciti a tessere e la capacità di spostare, facilmente, consensi da un appuntamento elettorale all’altro dimostrano che i loro sono stati approcci politici oggettivamente vincenti. Ma, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, il percorso trionfante del mondragonese e del pignatarese sarebbe stato caratterizzato, a volte, da un utilizzo dei propri ruoli istituzionali non sempre rispettoso delle regole.

E’ ormai noto che entrambi, adesso, sono indagati per corruzione (in relazione a circostanze diverse): un dato reso pubblico dalle perquisizioni disposte dai pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano ed eseguite dai carabinieri di Aversa, a ottobre, presso le loro abitazioni e uffici (per sequestrare cellulari, computer, pendrive e documenti vari). Tutti e due uniti in politica e ora accomunati anche dall’essere sotto inchiesta (per la stessa ipotesi di reato). Ma, inizialmente, a finire sotto la lente degli inquirenti era stato solo Giovanni Zannini. C’è un preciso episodio che spingerà poi la magistratura a interessarsi anche di Magliocca, collegandolo proprio al mondragonese. Quale? La scelta del Comune che, nel 2023, avrebbe dovuto svolgere la funzione di capofila nell’Ambito C9, struttura che si occupa di gestire e garantire i servizi socio-assistenziali ai cittadini che vivono nell’Agro Caleno.

Cosa c’entrano Zannini e Magliocca con l’Ambito? Entrambi, stando all’ipotesi degli investigatori, sarebbero stati interessati a gestirlo politicamente per poi controllare i finanziamenti che avrebbe ricevuto dalla Regione (e magari destinarli a cooperative sociali di loro gradimento). Se i militari dell’Arma tracciano questo presunto schema, è perché a rivelarglielo è stato Antonio Scialdone, sindaco di Vitulazio.
Quest’ultimo ha svelato ai militari come Zannini e Magliocca avrebbero tentato di mettere il cappello sull’Ambito C9. In che modo? Cercando di far assegnare il ruolo di capofila al Comune di Rocchetta e Croce, guidato dal sindaco Salvatore Geremia (non indagato).
Sparanise, in origine Ente-guida dell’Ambito, era stato sciolto per infiltrazioni mafiose e in quel periodo, parliamo sempre del 2023, ad amministrarlo c’era ancora la commissione straordinaria.

Quando si iniziò a parlarle di chi doveva sostituire Sparanise, privo di un’amministrazione politica, Scialdone ha riferito di essere stato contattato per un incontro proprio da Geremia. Quest’ultimo gli confidò che, per volere di Zannini, d’intesa con Magliocca, sarebbe stato il piccolo Municipio che amministrativa a prendere il posto di Sparanise nel ruolo di ente capofila. Geremia, dice Scialdone, chiarì pure che il voler individuare un Comune di pochi abitanti, distante dal cuore casertano, era uans strategia finalizzata a evitare le attenzioni dell’autorità giudiziaria.

Il sindaco di Rocchetta avrebbe fatto tali premesse a Scialdone per convincerlo a dargli il suo voto quando si sarebbe tenuta l’assemblea per scegliere l’Ente capofila. E sempre a Scialdone avrebbe poi proposto che, se l’operazione fosse andata in porto, avrebbe potuto beneficiare pure di assunzioni nelle cooperative scelte dall’Ambito. Ma Scialdone, in base a quanto da lui raccontato agli investigatori, rispose picche.

Quanto appena da noi tracciato è il turning point, il punto di svolta dell’indagine che si allarga da Zannini a Magliocca. E così inizia l’attività intercettiva sul pignatarese che però, in merito all’affare Ambito C9, ammettono gli investigatori, non fa emergere nulla. Si rivela un binario morto. Tuttavia, dalle conversazioni intercettate, dai pedinamenti e dalle informazioni raccolte da vari testimoni, salta fuori l’ossatura dell’indagine che ha portato lo scorso fine ottobre a perquisire casa e uffici del presidente della Provincia e di altri 11 indagati.
In particolare, dice la Procura, quel lavoro dei carabinieri (nato sulla soffiata sul presunto affare Ambito) è servita a tracciare la disponibilità, da parte di diversi imprenditori, a elargire soldi su richiesta di Magliocca per finanziare squadre di calcio. Un esborso di denaro che gli uomini d’affare si sarebbero accollati perché consapevoli che l’allora presidente, ipotizza l’accusa, sarebbe stato riconoscente con loro in tema di affidamenti di lavori pubblici gestiti dalla Provincia e dal Comune di Pignataro Maggiore.
Logicamente, Zannini e Magliocca devono essere considerati innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. Non è da escludere che il proseguimento dell’indagine possa rivelare la loro estraneità rispetto ai fatti contestati.

Il pressing di Geremia su Scialdone

Trecento milioni di euro: è la somma che la Regione Campania aveva a disposizione per finanziare i vari ambiti territoriali impegnati nel welfare. Una cifra enorme: e sarebbe stato proprio il suo spessore, sostiene Antonio Scialdone, a spingere Giovanni Zannini e Giorgio Magliocca a provare a non farsi scappare la possibilità di avere il controllo politico dell’Ambito C9. Se questa storia è stata attenzionata dai carabinieri è perché a raccontargliela è stato proprio il sindaco di Vitulazio. Quest’ultimo, dopo aver parlato con i militari dell’Arma, è stato poi convocato dai pm Urbano e Cozzolino affinché affrontasse anche con loro quello stessa tema. E lì, negli uffici sammaritani ha ribadito la sua teoria su questa operazione che, a suo dire, stavano tentando di concretizzare il consigliere regionale di Mondragone e il presidente della Provincia.

Antonio Scialdone

Era il luglio del 2023 e il primo cittadino ripercorse il colloquio avuto con Salvatore Geremia (non indagato), suo omologo di Rocchetta e Croce, che avrebbe dovuto sostituire Sparanise nel ruolo di Ente capofila dell’Ambito. In quell’occasione il suo collega gli avrebbe detto che aveva già la garanzia di ricevere il sì all’assemblea dell’Ambito non solo da Pignataro Maggiore, amministrato da Magliocca, ma anche dai Comuni di Giano Vetusto, Camigliano e Pastorano. Tuttavia, il vitulatino gli palesò di essere in disaccordo, perché la candidatura di Rocchetta e Croce era il frutto dell’accordo tra Zannini e Magliocca.

Qualche giorno dopo l’incontro con Geremia, Scialdone ha riferito ai pm di essere stato contattato anche da Marisa Giacobone (estranea all’inchiesta), vicesindaco di Capua ed espressione politica di Zannini, per una riunione da tenere insieme agli altri sindaci al fine di decidere la nomina di un nuovo capofila. In quella sede, il vitulatino confidò ai pm di essere intervenuto evidenziando che era necessario superare le questioni di illegalità emerse nella precedente gestione (il riferimento era alle presunte ingerenze della criminalità organizzata emerse nell’indagine della Dda che aveva coinvolto Sparanise, poi sciolto per infiltrazioni mafiose). E dopo le parole di Scialdone, si procedette a disporre un documento che successivamente sarebbe dovuto essere sottoscritto da tutti i sindaci del coordinamento proprio con quell’obiettivo. Allontanare il malaffare.

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